Osaka 1-2/X/2014
大阪2014年10月1-2日
古池 蛙飛び込む 水の音
Il vecchio stagno –
la rana salta
tonfo nell’acqua
Matsuo Bashō1 (1644-1694)
È una sensazione mai provata prima quella di mettere piede nel Paese del Sol Levante. È da molto tempo che desidero questo viaggio, da troppe lune che mi immagino camminare per le sue strade e assaporare la sua cucina, fondermi e confondermi con la sua gente in divenire costante.
Sono relativamente vicino al Giappone ma in tre anni solo ora ho avuto l’occasione di visitarlo e viverlo appieno. Non è solo il cibo, le usanze, l’incontro-scontro tra tradizione e modernità, tra kimono di seta e schermi a cristalli liquidi, la melodiosa lingua che tanto rapisce o l’impeccabile organizzazione di qualsiasi cosa, quello che mi attirava primariamente era l’esigenza di respirare una cultura geograficamente molto vicina a quella cinese ma allo stesso tempo distante e distinta.
Ho lasciato la visita della capitale Tokyo 东京 ad un’altra data, magari con più giorni a disposizione e più budget nel portafogli. Se l’anno scorso il mese di ottobre mi ha regalato la piacevole scoperta del Myanmar, quest’anno ha scolpito nella mia mente per sempre la meravigliosa zona del Kansai, Giappone centrale.
Il mio aereo da Hong Kong è arrivato ben 3 ore in ritardo, mandando in fumo la unica possibilità economica di raggiungere la città di Osaka una volta arrivato al distante Aeroporto del Kansai 関西国際空港 Kansai Kokusai Kūkō. Il singolare aeroporto, chiamato colloquialmente Kankū 関空 è collocato in un isola artificiale nel bel mezzo della grande baia di Osaka a 38km di distanza dalla Ōsaka Station. Da questo aeroporto, esattamente dal terminal B parte la nuova compagnia low cost di bandiera dal simpatico nome “Peach” che mi ha riportato a Hong Kong.
Portando tanto ritardo sono potuto arrivare ad Osaka centro solo alle 3 del mattino con un taxi che segnalava sul tassametro ben 20000¥(145€),di gran lunga il taxi piu’ costoso della mia vita e più costoso addirittura di una notte nell’hotel dove alloggiavo… prima impressione economicamente molto scoraggiante.
I cinesi dicono che Osaka si possa definire 最热闹日本的城市 ovvero “la città più accogliente di tutto il Giappone” e non saprei dire se questo sia dovuto allo spirito festivo e caloroso dei suoi cittadini o al fatto che i cinesi essendo più “esuberanti e rumorosi” si trovino più a loro agio da queste parti. In realtà non sono molti i cinesi che hanno la possibilità di visitare il Giappone, i contrasti bellici passati hanno instaurato una diplomazia molto poco efficace tra queste due potenze e così per poter entrare nel Paese del Sol Levante agli abitanti della Terra di Mezzo viene congelata nella carta di credito una lauta somma di denaro…
Pochi giorni fa ero ad una degustazione di vino qui a Shenzhen, nella zona chiamata Portofino in quanto dovrebbe emulare il famoso luogo turistico italiano. Tra i commensali del grande tavolo c’erano molti portoghesi e non ho esitato a chiedere loro se è vero ciò che ho letto nella Lonely planet del Giappone: Secondo la guida il “Grazie” giapponese ありがとう risulta essere un derivato di “obrigado” la forma portoghese di ringraziamento. Io ho studiato per più di un anno la lingua giapponese e ho letto molto riguardo alla cultura e la linguistica e mi sembra assurdo che un dettaglio come questo mi possa essere sfuggito ed infatti, malgrato il puro orgoglio con cui mi ha risposto il lisbonese della cena, il vocabolo giapponese ha una etimologia propria ed indipendente: viene dal verbo arigatai (有難い), che a sua volta fa parte della coniugazione del verbo “avere” con terminazione in gatai (難い) che significa “difficile“. La terminazione “ou” deriva dalla coniugazione della forma aggettivale arigataku e la forma gentile del verbo gozaimasu. Quindi in sunto NON deriva dalla lingua di Pessôa. Ma è vero che molte sono le parole portoghesi che grazie al colonialismo hanno influenzato il parlare nipponico…I portoghesi furono i primi europei a raggiungere il Giappone e a stabilirvi nel lontano 1542 delle relazioni commerciali. Durante il 17esimo secolo molti Gesuiti missionari vennero perseguitati dal celeberrimo Tokugawa Shogunate e fu uno di questi preti João Rodrigues a portare in Europa un “Vocabulario da Lingoa de Iapam” Giapponese-Portoghese.
La città di大阪 Ōsaka, chiamata anche la cucina della nazione” 天下の台所 tenka no daidokoro è la seconda area metropolitana più grande del Giappone con quasi 19 milioni di abitanti. Per chi mastica un po’ di lingua nipponica il dialetto dell’area del Kansai appare assai peculiare a causa dei suffissi speciali dei verbi e delle espressioni colorite. Osaka è nell’insieme un coacervo di emozioni, austera ed elegante come Hong Kong, ammaliante come Shanghai, frenetica come Bangkok e pulita come la Svizzera. Interessante il fatto che il vecchio nome di Osaka in caratteri era 大板 ma e’ stato cambiato in 大阪 all’inizio dell’era Meiji 明治時代 quindi nel 1860 circa in quanto i due caratteri tradotti separatamente potrebbero significare ed essere interpretati come “Si tornera’ alla terra” e mi sembra evidente il presagio funebre conseguente.
Il monumento che più simbolizza Osaka è senza dubbio il Castello antico, che poi ormai tanto antico non è perchè è stato ricostruito per l’ultima volta nel 1997…
Il Castello di Osaka 大阪城, Ōsaka-jō giocava un ruolo chiave nel periodo Azuchi-Momoyama 安土桃山時代. Il corpo principale della fortezza misura circa un chilometro quadrato di superficie ed è circondata tutt’attorno da un fossato che aveva la funzione di isolamento in caso di attacco nemico. Dopo una serie di conquiste e sconfitte il castello divenne nel periodo Meiji la sede dell’arsenale di Osaka: vi si producevano armi, esplosivi … nel 1928 la torre venne restaurata ma nel 1945, in piena guerra, l’arsenale venne bombardato e distrutto uccidendo 382 persone che vi lavoravano dentro. Nel vicino 1997 il castello venne riportato all’antico splendore dell’epoca Edo 江戸時代, tuttavia solo esternamente, entrandovi ci si rende conto che tutto è composto da calcestruzzo armato, con un doppio corpi scala e grandi ascensori per turisti; all’interno tuttovia è possibile trovare un interessante museo circa le varie dominazioni giapponesi con rappresentazioni pittoriche, fotografie e miniature scultoree.
Proprio fuori dal castello, quando scattavo delle foto, mi sono imbattuto in un signore sulla settantina che aveva voglia di dialogare e di raccontarmi la sua storia: parlava un buon inglese e credo che siano molti i turisti con cui ha parlato: mi ha colpito molto che dopo aver parlato delle nostre vite mi ha regalato un Origami 折り紙 che ha piegato da un giornale davanti ai miei occhi: e’ stato molto rapido e accurati sono stati i numerosi movimenti e da una pagina di un comune periodico ha ricavato abilmente la forma 3d di una libellula. Mi ha raccontato di come l’arte del piegare la carta sia risalente al 17esimo secolo e poi e’ stata fatta conoscere al mondo solo nel 1900: dal suo bisnonno fino ad oggi nella sua famiglia si piegano quadrati di carta per ricavarne delle vere e proprie sculture. Ho cercato di cristallizzare le mie emozioni in una foto esattamente postuma a questo momento ed e’ esattamente la foto che ho scelto per rappresentare l’articolo di Osaka: La libellula e il castello.
Uno dei lati piu’ significativi della nuova Osaka e’ senza dubbio la densamente costruita area di Umeda 梅田, il centro economico piu’ importante della vibrante metropoli: c’e’ un edificio in particolare che svetta sugli altri grattacieli e attira lo sguardo per l’originale forma l’Umeda Sky Building 梅田スカイビル dell’archistar Hiroshi Hara che anche se si classifica solo al 18esimo posto dei grattacieli piu’ alti di Osaka con i suoi 173 metri rappresenta una delle pietre miliari dell’intero Skyline. E’ formato da due torri connesse da un deck panoramico: nel vuoto tra i due edifici ad una altezza vertiginosa svettano due scale mobili sospese a mezz’aria che portano al “Osservatorio flottante” che e’ uno dei punti panoramici piu’ suggestivi della grande citta’.
Devo dire che contrariamente alla cucina cinese, quella giapponese anche se fuori dal Giappone rimane abbastanza fedele all’originale. Tuttavia ho avuto l’onore di provare il mio piatto nipponico preferito e devo dire che assaporarlo in terra natia e’ tutta un’altra storia. Il Katsudon カツ丼 e’ un piatto tipico dalla preparazione molto semplice ma estremamente saporito: riso bianco con cipolla tagliata fina, cotoletta di maiale fritta tagliata a strisce e un uovo adagiato sopra che va cuocendosi con il calore della carne. Il nome del piatto e’ proprio la fusione di tonkatsu che significa cotoletta di maiale e donburi, ciotola di riso. Non sapevo che questo piatto fosse entrato nella cultura popolare anche grazie all’omofonia con il verbo 勝つ katsu che significa “Vincere, essere vittorioso“.
Altro piatto che mi ha affascinato sin dal primo momento in cui l’ho visto in un chiosco in una delle aree pedonali di Umeda e’ il Takoyaki たこ焼き, che si classifica tra favoriti snacks dei giapponesi. Sono delle polpette di pastella a base di farina di frumento con immerso un quadrato di tentacolo di polpo: vengono cucinate in una padella con formelle circolari e poi immerse in una salsa speciale agrodolce simile al . Infine viene spruzzata finemente una polvere di erbe e adagiate sulla superficie sferica delle linee di maionese.
A breve il racconto della magica Kyoto
a presto
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