Longnan, Jiangxi 1-2-3-4/IV/2016
江西省,龙南县2016年4月1-2-3-4日
Erano già diverse settimane che la mia nuova collega cinese in CUBE Liaoxi proponeva a me e Ouahiba, altra collega Algerino-Francese, di organizzare un’escursione per poter visitare la sua città natale. Dopo numerosi tentativi di organizzazione falliti a causa del lavoro extra necessario per alcuni progetti, finalmente ci siamo decisi a partire e il caso ha voluto che il weekend prescelto fosse proprio quello del 清明 Qing ming, l’equivalente nella cultura cinese della nostra “Festa dei Defunti”.
Anche se programmata, l’organizzazione è stata alquanto frettolosa e non trovando più nessun biglietto disponibile in treno ci siamo avventurati con un autista sulla strada che connette la provincia del Guangdong a quella dello Jiangxi. Siamo partiti dalla zona più a nord di Shenzhen, Longhua 龙华 esattamente l’ultima stazione di quella linea metro che sempre evito di prendere perché stracolma di gente a tutte le ore. Il nostro autista, che ho scoperto durante il viaggio essere stato contattato da Liaoxi tramite un sito internet, era intenzionato ad arrivare comunque nel Jiangxi ma si sarebbe fermato prima per lasciarci nella nostra destinazione (più a sud di Jinan, la città dove sarebbe dovuto andare). Quindi in realtà non era un vero e proprio autista; cercava solamente della compagnia per poter dividere le spese ed evitare di viaggiare per molto tempo da solo.
L’esperienza in macchina è stata devastante; non solo l’autista era una persona sgradevole, chiassosa, che amava cantare a squarciagola canzoni smielate in cantonese, che sputava fuori dal finestrino e che aveva un pessimo odore, ma anche la strada da lui intrapresa è stata un buco nell’acqua. Siamo rimasti bloccati in un traffico, che definire intenso è un eufemismo, durato 11 ore; normalmente ci vogliono 4 ore per arrivare a Longnan ovvero la città dove eravamo diretti, ma c’è voluta ben mezza giornata. Ovviamente tutti sapevamo che partire il venerdì sera prima del ponte del Qing Ming era una follia ma mai avremmo pensato in una tale tragedia. Io ero seduto accanto al guidatore e Liaoxi, Zoe e Ouahiba erano nella parte posteriore; praticamente per tutta la durata del traffico non sono riuscito a chiudere occhio; da una parte c’era l’energumeno che non la smetteva un secondo di parlare e cantare, dall’altra l’intensa luce rossa dei fari posteriori delle migliaia di macchine davanti a noi, senza contare un sedile scomodissimo e l’insopportabile azione di spengere e accendere continuamente l’aria condizionata anziché metterla fissa ad una temperatura neutra. Ero molto vicino dall’uscire dal veicolo per disperazione.
Saremmo dovuti arrivare a mezzanotte e invece abbiam messo piede a Longnan 龙南, la nostra destinazione, solo alle 7 del mattino. Eravamo gli ospiti della famiglia di Liaoxi e quando siamo arrivati sua madre, un’adorabile signora single di mezza età, ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio.
Avevamo un ritardo di svariate ora ma la nostra “schedule” non poteva arrestarsi quindi abbiamo deciso comunque di spuntare la nostra prima visita e ci siamo diretti con un piccolo bus verso la montagna Wudang 武当山. Inutile dire che durante tutto il percorso l’unica persona sveglia e attenta ad verificare la nostra fermata era la mamma di Liaoxi, tutti noi eravamo caduti in un sonno profondo ed io senza rendermene conto mi sono svegliato con la testa appoggiata sulla spalla di un ragazzo sui 15 anni che per paura di destarmi non si è azzardato a muoversi. Che vergogna, mi era successa già una cosa del genere sul lungo viaggio in barca da Phuket a Similan Island… La montagna Xiaowudang 小武当山(la chiamano “xiao” ovvero piccola perché in Hubei c’è la vera e propria montagna Wudang) si estende per 13.5 chilometri quadrati e consta di ben 99 magici picchi la cui massima cima tocca gli 864metri.
Bypassando completamente la vista del panorama che il finestrino mi offriva per ben un’ora e mezza di tragitto, arrivati all’entrata (杨村 Yangcun), la vista di quel complesso di cupole di arenaria consumate dal tempo, immerse in una vegetazione subtropicale e velate dalle nuvole di una pioggia appena dissipata è stata una sorpresa indescrivibile. Ricordano molto i complessi rocciosi presenti a Phuket, a El Nido e a Guilin, come le magiche montagne di Avatar. Stanchi e provati dal viaggio abbiamo intrapreso comunque la scalata della montagna con ottimismo e curiosità. Ovviamente come in tutti gli Hiking, scalare una montagna in Cina e Hong Kong vuol dire semplicemente “salire” delle infinite scale; tutte le montagne famose qui nella Terra di Mezzo sono state sventrate e cementate per poter ospitare delle interminabili scalinate e a volte anche delle funivie. A mio avviso si perde completamente lo spirito di avventura ed è per questo che non amo personalmente “scalare montagne” qui in Oriente; il governo cinese a scapito della natura pavimenta le pendici delle montagne per poterle rendere accessibili a tutti, anche alle migliaia di ragazze in tacchi alti e gonna che non fanno altro che scattarsi foto con la bocca imbronciata con il “selfie stick”, il famoso “paletto” per gli autoscatti che mi fa tanto rabbrividire. Malgrado la parte poco naturalistica delle vie di comunicazione principali la scalata è molto piacevole e fortunatamente con poca gente. Si passa dal costone roccioso a strapiombo sulla foresta subtropicale, alle strette ma altissime fessure naturali tra i volumi rocciosi, il tutto amalgamato da una lieve pioggerella che dalla sorgente si infrange sul costone e scende dall’alto arpeggiando con i raggi del sole che tagliano il vecchio ponte in ferro scarlatto come fosse un collante tra le due montagne altrimenti tendenti a separarsi. Durante tutta la scalata sono presenti diversi templi, sacelli e alcune aree relax dove a prezzi esorbitanti vengono vendute bibite o snacks.
Longnan 龙南 oltre alle bellezze naturali è anche cultura e storia e in particolar modo è l’etnia Hakka 客家 che qui è la maggioranza a caratterizzare tutta l’area. Si definisce Hakka uno dei maggiori gruppi etnici della Cina del Sud. In realtà gli Hakka sono originari del Nord della Cina (Henan 河南 e Shanxi 陕西) ma a causa delle continue guerre tra province e la pressione demografica furono costretti nel 17esimo secolo a spostarsi a Sud. Oggi è possibile ritrovare comunità Hakka nel Guangdong, Fujian, Guangxi, Sichuan, Hunan, Guizhou e ovviamente anche nel Jiangxi. A seguito della diaspora si sono estesi fino ad arrivare in Malesia, Singapore, Hong Kong e Taiwan. Interessante sottolineare come il nome Hakka letteralmente significa “famiglie ospiti” o “gente ospite”: Hak 客 (Mandarion: kè) significa “ospite”, e ka 家 (Mandarino: jiā) significa “famiglia”.
Per scopi difensivi la città-villaggio Hakka è caratterizzata dalla presenza di grandi edifici fortificati circolari o rettangolari, al cui interno centinaia di famiglie vivevano e venivano protette dai continui attacchi nemici. Questi edifici sono caratterizzati dall’assenza di finestre e porte nei piani bassi nel muro perimetrale spesso più di un metro; tutte le case si affacciavano nel grande patio interno, comune per tutti. Questi immensi edifici spesso dalla forma circolare tulou 土楼, erano suddivisi in numerosi compartimenti secondo le differenti funzioni; magazzino, residenza, zona religiosa, zona militare… I più grandi occupano un’area di 40,000 m² e arrivano anche ad 8 piani di altezza. I villaggi fortificati erano costruiti interamente in mattoni, pietra e terra battuta (da cui il nome Tu).
Proprio a Longnan ho avuto la possibilità di visitarne alcuni ed è stata una esperienza unica. In questa provincia Jinagxi 江西ce ne sono circa 500 e solo 370 sono sparsi per la contea di Longnan. In questa regione vengono chiamati weiwu (围屋) o wei (围) che in mandarino significa “Recinto”.
A circa 15 km ad est della città di Longnan è possibile trovare uno dei maggiori “Castelli fortificati” (come vengono chiamati dai locali) della cultura locale. Lo 关西新围Guanxi xinwei Costruito durante la dinastia Qing (1798) e completato nel 1827 da Xu Mingjun, noto gentiluomo dell’area e produttore di vini. Il progetto durò ben 30 anni e rappresenta una delle migliori costruzioni del periodo per via della varia organizzazione, del sistema di eliminazione delle acque nere efficiente, dei dettagli e della vivibilità. La forma del castello assomiglia al carattere cinese 国, un rettangolo di 95 metri per 83, alto tre piani. Il muro perimetrale esterno è spesso 90 centimetri e c’è solo una porta di accesso blindata e a sua volta composta da due portoni in legno foderato in ferro, tra le due sbarrate vi era uno spazio interstiziale dove veniva fatta cadere dell’acqua così da scongiurare il problema del fuoco durante l’attacco. Nel patio centrale ci sono le case più grandi e spaziose, organizzate come un centro storico e comunicanti tra loro tramite una rete di stradine acciottolate.
Lo 燕翼围 yanyi wei risalente a 350 anni fa è un altro ottimo esempio di architettura fortificata Hakka e in quest’ultimo villaggio al pianterreno vi sono ancora alcune famiglie residenti. Liaoxi mi ha spiegato come lo strato più esterno di tutte le pareti interne dei piani superiori fosse costituito da una massa di riso e frumento così che sarebbe stata mangiata dalle persone del posto in periodi di carestia o emergenza. Nei piani superiori sono presenti delle finestre che affacciano all’esterno ma queste sono oblunghe e strette, atte per potervi far scorrere un’arma e far fuoco in caso di assedio.
Poco fuori dal sito abbiamo visitato un’antica residenza e mi ha sorpreso l’incontro fortuito con una allegra nonnina di imprecisata età che ci ha accolto con un perfetto bianco sorriso, ben vestita e con il classico copricapo nero con decorazioni floreali tipico delle donne Hakka. Questa signora dopo averci accompagnato a visitare un sito, ahimè distrutto dai Giapponesi, si è sorpresa quando le abbiam detto che eravamo europei, stranieri perché lei non ne aveva mai incontrato uno in vita sua.
Uno degli aspetti più caratteristici della cultura Kejia 客家 è la lingua che risulta essere molto poco simile al mandarino. Sotto diversi aspetti è possibile trovare molte affinità con la lingua cantonese anche se la pronuncia Hakka possiede suoni unici e molto distinti.
“Come stai?” in hakka si dice 你好冇? (ngi2 ho3 mo?) la cui pronuncia risulta essere abbastanza differente dal mandarino 你好吗?(ni3 hao3 ma5). Essendo ospite di una famiglia hakka ho avuto modo di sentire molte volte parlare persone in 客家话 lingua hakka e devo ammettere che è abbastanza ostico comprendere anche se alla fine mi risultava più facile seguire la logicità dei discorsi. La famiglia di Liaoxi una sera ci ha invitato a cena a casa della nonna, un’adorabile ed elegante signora che ha cucinato tante ottime pietanze e ci ha trattati come dei sovrani. Forse è grazie ad un ottimo alcol di riso 客家米酒 che alla fine della cena mi sono intrattenuto a parlare con la nonna di Liaoxi per diverse ore, io le parlavo in mandarino e lei mi rispondeva con un forte accento hakka, ma la conversazione era molto fluida, naturale, spontanea.
La cucina del Jiangxi comunemente chiamata cucina Gan (Gan, 赣 è il nome abbreviato della provincia)è veramente una delizia anche se a volte troppo tendente al piccante. Uno dei piatti più buoni e caratteristici a mio avviso è il “Leppida” 烫皮lei pi dei chiamata anche 龙南烫皮 che ricorda molto il celeberrimo piatto Tirolese SPÄTZLEN per forma e aspetto. Viene servita in vari modi e si può mangiare durante ogni pasto, dalla colazione alla cena. La cosa che colpisce di questo piatto è l’acceso ed intenso color smeraldo che in alcuni casi viene accompagnato da un’altra variante del piatto di colore ocra; essenzialmente consta di farina di riso resa gelatinosa e raggrumata con delle erbe (da cui la colorazione).
Malgrado l’andata traumatica e il ritorno in treno notturno dove la gente fumava, russava, mangiava l’impossibile e i sedili erano di una scomodità unica devo ammettere che questa full-immersion nella cultura Hakka mi è piaciuta e mi ha istruito molto, chissà che questo sia l’inizio per una nuova era di esplorazioni locali qui nella Terra di Mezzo. Nel frattempo non vedo l’ora di partire alla volta di Bali, un nuovo paese da coprire, una nuova cultura: Indonesia tra 17 Giorni!!
A presto!