Vang Vieng 6-7/X/2015
万荣2015年10月1-2-3-4-5日
Come ho già commentato il Laos non è conosciuto per le sue strade perfette a diverse carreggiate e per le rapide comunicazioni via terra; è comunque giustificabile questa mancanza per via della particolare orogenesi montuosa del suo territorio e per i vari bombardamenti che hanno straziato il paese per parecchi anni.
Malgrado le difficoltà la miglior maniera di viaggiare e spostarsi da una città all’altra è di adoperare dei mini van o degli “Sleeping bus”. Quasi tutte le partenze sono prossime all’alba e hanno luogo in delle parti remote della città, dove convogliano tutti gli spostamenti inland. Precedentemente abbiamo viaggiato con lo sleeping bus da Vientiane a Luang Prabang transitando per Vang Vieng, ma data l’oscurità non era possibile ammirare la bellezza unica del paesaggio: questa volta partendo alle 8 da Luang Prabang con direzione Vang Vieng è stato possibile stupirsi per via degli scenari. La bellezza della natura è a dir poco vertiginosa, le strade sono strette e a doppio senso, sterrate e in costruzione. Ci siamo dovuti fermare per un’ora in cima alle montagne perché la carreggiata era ancora in costruzione e operanti ruspe graffiavano il costone sinistro della via. Mi sono pentito di non aver scaricato dallo Store il dizionario di lingua Laotiana sul mio smartphone, nei ristoranti lungo la strada non c’è nessuno che possa dare istruzioni in Inglese o in Mandarino sul menù, quindi ordinando alla cieca abbiam scelto dei piatti orrendi pagandoli anche una fortuna (ogni persona l’equivalente di 8 euro).
Si capisce di essere arrivati alla famosa Vang Vieng quando il paesaggio cambia di colore, il Sali-scendi delle strade si trasforma in una dolce pianura verde elettrico (come quello dell’Irlanda) e montagne pittoresche sullo sfondo.
Per il Laos abbiamo optato di non cercare nessun hotel se non sul posto, in modo da giudicare personalmente la sistemazione e trovare il miglior posto dove alloggiare considerando costi e valore.
Malgrado il servizio pessimo, le stanze dalla dubbia igiene, il rumore nei corridoi e gli spifferi delle finestre, il primo hotel ci è sembrato perfetto per il balcone e l’immensa vetrata; dalla terrazza al quinto piano era possibile avere un posto in prima fila per lo spettacolo dell’alba e il cambio di tinte dell’imbrunire. Ho scattato diverse foto da quella prospettiva, raffigurando in basso a sinistra la via principale piena di locali, chioschi di crepes e ristoranti terrazzati, in basso di fronte il ponte di legno scricchiolante che porta al fiume e alla spiaggia e il basso a destra i cottages costosi, immersi nel verde nucleare del prati inglese sulle sponde di uno degli affluenti del fiume principale. Anche qui come in Cappadocia e in Birmania c’era la possibilità di librarsi nell’aria con una mongolfiera e osservare dall’alto al tramonto o all’alba ciò che la natura ha creato in questo angolo di paradiso.
Da turista è impossibile non notare che TUTTI i bar, ristoranti e locali nelle ore diurne e nella serata proiettano ininterrottamente episodi di Friends e telenovelas Thailandesi. Vang Vieng è inoltre specialmente invasa da turisti coreani per via di un famoso programma televisivo (꽃보다 청춘) dove alcuni giovani da Seoul viaggiarono per diversi giorni da queste parti per “sperimentare” la fantomatica vita senza freni ne’ regole. Forse una volta era così ma ora di regole ce ne sono e anche tante. Mi ricordo dal resoconto di alcuni amici che questa città era considerata la Sin City del Laos, l’equivalente di Phuket in Thailandia o Sihanoukville in Cambodia. Se si aggiunge questa famosa località è impossibile non provare il “Tubing” sul fiume Nam Song che praticamente consiste nel farsi trasportare placidamente dalla corrente a bordo di un pneumatico nero-giallo, dal punto nord del fiume a quasi 4km di distanza dal centro fino al punto di arrivo in prossimità della “Smile beach”. Lungo le rive del fiume ci sono dei teenager autoctoni che lanciano delle bottiglie vuote amarrate con delle funi per poter “pescare” i clienti e portarli nei loro Bar. Ammetto che l’idea è molto divertente ed originale ma sinceramente non ho molto apprezzato il servizio, la clientela e le bevande dei locali; tutto l’alcol se non in bottiglia sigillata è falso e per una persona come me che non beve nessun tipo di birra è stato difficile trovare qualcosa da bere (così ho bevuto sidro sudafricano). Ora di bar ce ne sono solo 4 ma prima mi hanno raccontato (e dai video che è ancora possibile vedere in rete) che di bar ce n’erano a centinaia e lungo tutta la sponda del fiume a destra e a sinistra era pieno di strutture lignee pericolanti, che oggi appaiono come relitti appartenenti ad un’altra epoca, dove i turisti erano soliti gettarsi a capofitto nel fiume, in mortali Flying Fox, carrelli arrugginiti e corde sfibrate, incuranti della profondità delle acque e inebriati nella maniera più viscerale dalle numerose sostanze stupefacenti che si vendevano liberamente. Il livello del fiume in alcune parti, specialmente nella stagione arida, è molto basso e la miglior maniera per poter scivolare senza problemi senza incappare in legni taglienti o residui di bottiglie rotte sul fondale è quello si sedersi sul pneumatico a mò di ciambella. Utilizzo il passato per descrivere la folle situazione di divertimento perché ora non è più così, o meglio non così esagerata. Agli albori del 2012 il governo del Laos ha decretato la chiusura di quasi tutti i bar e delle strutture per il divertimento lungo il fiume, il servizio del “tubing” era tollerato ma estremamente molto più controllato. Secondo l’ente del turismo questa manovra è stata positiva perché ha aperto il turista a partecipare ad ulteriori attività come l’Hiking, Kayaking e il mountain biking ma è anche vero che il numero di visitanti “occidentali” è diminuito di gran lunga e il quello degli “asiatici” è aumentato vertiginosamente (questo ha provocato non pochi problemi in quanto in generale gli asiatici preferiscono strutture alberghiere a costi più elevati, non da budget Backpacker)
Ho conosciuto minimo 10 persone che continuano a posticipare o perdere il loro viaggio di ritorno al loro paese, alla loro vita (specialmente australiani, neozelandesi e canadesi) perché passano tutto il giorno fumando marijuana e chissà cos’altro…i quattro bar sono disposti tutti nel primo kilometro così è possibile scivolare per un’altra ora e mezza lungo il fiume con la testa rivolta al cielo osservando come l’azzurro intenso del cielo accarezza il verde bosco delle montagne carsiche frastagliate in maniera rotondeggiante.
Chi mi conosce sa che non sono amante delle droghe, che ho la mania di voler ricordare sempre quello che faccio e come mi comporto, per questo non amo nemmeno bere eccessivamente; conosco i miei limiti e li rispetto per non cadere in fallo. Non ero interessato a venire a Vang Vieng per la componente droga, ancora oggi molto presente seppur in maniera molto più soffusa, ma ho voluto provare i famosi “Palloncini” gonfiati con gas esilarante; sembra assurda l’idea di gonfiare dei globi in un bar notturno e di respirare lentamente e con costanza la sostanza all’interno che fornisce un’ebrezza effimera per pochi secondi ma dalla forte intensità: si scoppia a ridere di qualsiasi cosa senza un perché, esperienza interessante.
Anche nel caso di Vang Vieng la parte esterna della città (che risulta essere più un villaggio) possiede delle bellezze naturali uniche che è possibile raggiungere a bordo di una moto o in clima incerto piovoso, come quello che abbiam trovato quei giorni a Vang Vieng, con dei Tuk Tuk. La prima meta che ci siamo regalati è stata l’escursione in mezzo ai campi di riso e ai piccoli villaggi disseminati fino alla “laguna blu” che per nulla ricorda il celeberrimo film, ricordo che il Laos non possiede nessuna costa marittima, ma le acque del fiume che si ingrossa in piscine naturali è veramente azzurro intenso che tanto mi hanno fatto venire alla memoria le cascate Kawasan nelle Filippine. Nella laguna blu anche ci sono delle strutture per divertire i visitatori ma queste non sono pericolanti e insicure; c’è un grande albero al centro del lago dove le persone si esibiscono in tuffi elaborati, arrampicandosi sui rami per cercare il posto più idoneo per gettarsi. Malgrado fossi scettico all’inizio, dopo una serie di tuffi a candela per testare la profondità dell’acqua, ho deciso anche io di regalarmi qualche tuffo coreografico, in memoria dei miei 5 anni di tuffi da trampolino e piattaforma che ahimè ho quasi gettato nell’oblio. Il biglietto per la Laguna comprende anche la visita alle grotte in cima alla collina la cui scalinata rustica rappresenta un grande ostacolo specialmente in caso di pioggia perché le pietre che formano irregolari scalini sono molto scivolose e la pendenza è quasi quella di una scala a pioli. Nella caverna si respira un’aria ovattata e mistica, i tagli di luce illuminando a tratti stalattiti e stalagmiti secolari, ci si rende conto lentamente della dimensione dello spazio quando l’occhio ormai si è abituato all’oscurità e si cominciano ad apprezzare tutte le varie sfumature che solo la penombra può fornire. Il nostro programma era di andare dalla laguna alla “Grotta degli elefanti” ma purtroppo il guidatore del Tuk Tuk ha deciso di cercare di ingannarci: prima di quel momento era un uomo sulla cinquantina molto simpatico al quale, dopo aver discusso il prezzo, abbiamo deciso di regalare un fuit shake. Avevamo stabilito 150000 Kip in totale per il giro turistico ma dopo la laguna il tassista ha prima finto di rompere il motore, ha praticamente simulato giocando con frizione e marce l’arresto improvviso del motore, poi ha chiamato il suo collega che magicamente è apparso dopo meno di cinque minuti in soccorso; ci siamo diretti sull’altro Tuk Tuk e fortunatamente ho ribadito il prezzo della gita perché l’altro guidatore voleva aggiungere altri 100000Kip per il soccorso. Ovviamente abbiamo cominciato a protestare amaramente fin quando abbiam affermato di non essere più interessati a visitare l’altra grotta e che volevamo tornare immediatamente in città: la nostra ira ha fatto sì che il motore del primo Tuk Tuk riprendesse magicamente vita e ci portasse tranquillamente e nuovamente al centro città. Una truffa alquanto macchinosa ma poco riuscita fortunatamente, rovinato il piano di andare alle seconde grotte ci siamo regalati un pomeriggio di relax assoluto sulle amache a bordo fiume attendendo il tramonto sorseggiando Milk shakes e cocktails.
Il Laos è stata un’esperienza inaspettatamente intensa e vissuta, un regalo sulla pelle e nel cuore.
Oggi che scrivo quest’ultimo articolo è il giorno 15 Novembre del 2015 è voglio ricordare la meravigliosa e simbolica data 11-11-11 in cui ho messo piede a Shenzhen per iniziare la mia nuova vita. Questo mio blog, questo angolo dove condivido la mia vita con il mondo, compie ufficialmente quattro anni.
È già pronto un biglietto per tornare a Roma a Natale e un altro per festeggiare il mio compleanno a… Tokyo.
A breve il resoconto del Giappone per la seconda volta.
A presto