Koh Chang 18-25/I/2016
像岛2016年1月18-25日
Mentre in Italia le persone si preparano ad affrontare notevoli cambiamenti e tutti parlano del Family Day io voglio dedicare la prossima ora a scrivere della mia ennesima esperienza Tailandese. Ora sto scrivendo in diretta da una insolitamente fredda Shenzhen, siamo a 5 gradi e non posso non tenere accesa la stufa elettrica che fortunatamente mi porta la temperatura interna ad un livello accettabile. Sono ormai due mesi che ho abbandonato UNIT e non vedo l’ora di iniziare col mio nuovo lavoro il 14 di Febbraio.
Koh Chang เกาะช้าง è la terza isola più grande dopo Phuket e Koh Samui ed è anche la maggiore delle isole dell’arcipelago del parco nazionale Mu Ko Chang.
Durante la Seconda Guerra Mondiale (17 Gennaio 1941) questa isola, proprio di fronte al confine con la Cambogia, si vide protagonista di una importante battaglia tra la fazione della marina imperiale Thailandese e la squadra navale francese Vichy: la vincitrice della battaglia fu la Francia che riuscì ad affondare due delle due grandi navi da guerra Thailandesi, tra cui la HTMS Thonburi.
Non è proprio semplice da Bangkok arrivare in quest’isola in quanto non è ancora fornita di nessun aeroporto. Ci sono due soluzioni principalmente alle quali corrispondono due diversi Budget di servizio:
- la prima è arrivare a Suvarnabhumi Airport ท่าอากาศยานสุวรรณภูมิ e trovare la compagnia che si occupa del trasporto via terra di collegamento con Pattaya (capitale Orientale del Sesso) e Koh Chang. Il prezzo per il minivan varia dai 600 ai 700 Bath e bisogna tener conto dell’orario perché l’ultimo Van parte alle 14.00. Ci sono anche dei Bus che partono ambo dalla città (Kao San road) o dall’aeroporto stesso, ma sono pochi.
- La seconda è prendere un volo charter direttamente dall’aeroporto di Bangkok fino all’aeroporto più vicino all’isola, ovvero Trat airport ท่าอากาศยานตราด. Questa soluzione è senza ombra di dubbio più costosa (il prezzo si aggira sui 2750 Bath) ma sicuramente più comoda. Da considerare che comunque bisogna organizzare un van privato da Trat all’isola e dato il monopolio della Bangkok airways su questo servizio il prezzo è molto elevato se paragonato ai kilometri percorsi.
Io posso affermare di aver utilizzato entrambe le possibilità perché mentre all’andata mi sono avventurato senza problemi nella traversata di 315 km della Thailandia centrale a bordo del Van (arrivando all’ultimo momento e riuscendo ad avere l’ultimo posto nell’ultima vettura dall’aeroporto diretta verso la paradisiaca isola) a ritorno ho deciso di optare per un passaggio molto più comodo e meno rischioso a bordo dell’aereo. Il 18 stesso arrivato a Bangkok in mattinata (volo ritardato di due ore) con il van ho raggiunto dopo 6 ore l’isola e finalmente ho capito il perché il servizio navetta smette alle 14 e non sono previste altre vetture: si arriva al porto di Laem Ngop แหลมงอบ dove vengono organizzate delle grandi navi in grado di portare numerose vetture, ma contate. Il servizio della nave smette alle 7 di sera e riprende alle 6 del mattino ed è per questo che non è possibile lasciare Bangkok più tardi delle 2 del pomeriggio. Appena ci si avvicina all’isola a bordo della grande nave, anche se di notte non si vedono molte luci e questo suggerisce quanto questa lingua di terra, che si dice assomigli alla testa di un elefante (da cui il nome), sia molto diversa dalla nota Pukhet e dalla ancora da me inesplorata Koh Samui. Nel mio van ho conosciuto diverse persona tra le quali una allegra signora francese di nome Chantal che viaggiava da sola e che aveva deciso di passare a Koh Chang 1 mese.Molte persone del posto mi hanno detto quanto sia importante proteggersi al tramonto e all’alba dalle zanzare che trasmettono la Dengue che, anche se non mortale, ha la possibilità di rovinare le vacanze inchiodando la persona al letto per diversi giorni.
L’hotel che mi ha ospitato per la prima settimana si chiamava Chok dee, che ho scoperto significare “Buona fortuna” in Thai. Anche se la Tailandia per noi europei ancora risulta una meta molto economica ho deciso di optare per una soluzione molto rustica, un bungalow sulle pendici di una collina con vista sulla baia di Khlong Prao.
È piacevolissimo letteralmente “scendere in spiaggia” dalla propria stanza, sensazione che mai prima d’ora avevo provato, fare colazione sulla veranda aperta e flottante sulle basse acque cristalline, dopo un buon pasto camminare senza meta seguendo il placido ritmo delle onde che si fondono con la chiara sabbia e fermarsi a leggere un buon libro sotto l’ombra dei rigogliosi alberi che gettano radici sulla sabbia. Per questa vacanza mi fa Angela Staude (moglie di Tiziano Terzani), con il suo libro “Giorni Giapponesi”. Come nel caso delle Filippine anche qui a Koh Chang il massaggio all’Aloe vera è un toccasana per le scottature e viene offerto in molti stabilimenti direttamente in padiglioni disposti in riva al mare; unire i benefici del trattamento con la piacevole “aggressività” del massaggio tailandese è a mio avviso una sensazione sublime.
L’avventura in Tailandia, almeno per la prima settimana, rappresenta il mio primo viaggio in compagnia solo di me stesso; ovviamente ho conosciuto molta gente, da tutto il mondo, ma da Hong Kong sono partito da solo, proprio alla ricerca di serenità e per potermi dedicare del tempo prezioso.
Sono sempre stato attratto dalle immersioni subacquee e ammetto di aver invidiato molto le persone che potevano immergersi soprattutto quando ero in vacanza nelle Filippine e in Tailandia e così per questa vacanza, come regalo di Natale un po’ in ritardo, mi sono voluto regalare un corso di Diving, per ottenere finalmente la licenza da sommozzatore in mare aperto. È possibile scegliere un corso normale, che dura mesi e mesi ma le cui lezioni non superano i 60 minuti di durata o un corso intensivo di 3-4 giorni impegnativo e rigoroso. Ovviamente data l’impossibilità di rimare tre mesi in Thailandia ho scelto il corso di 4 giorni e devo dire che non me ne pento assolutamente.
Il van della scuola mi passava a prendere all’hotel puntuale alle 8.20 e attraversando l’isola arrivavo alla scuola di sub alle 9 e da allora fino alle 5 del pomeriggio erano solo spiegazioni, video, pratiche in piscina e tante domande. Se indossare per la prima volta il Gear (in gergo Buoyancy Control Device, BCD ovvero “dispositivo per il controllo del Galleggiamento”), il respiratore, la bombola, la muta, la cintura con i pesi, pinne e maschera, suscita emozione allora il rimanere sott’acqua per la prima volta per ben 50 minuti senza avere il bisogno di riaffiorare a galla rappresenta una cosa incredibilmente eccezionale.
Dopo aver discusso molti temi, parlato di diverse situazioni, come gestire gli imprevisti, primo soccorso e tutti gli elementi del “completo da sub” ovviamente è previsto un esame scritto, come per la patente che a mio avviso non era affatto facile per via delle numerose parole tecniche in inglese e della costruzione enigmatica di alcune frasi per trarre in inganno lo studente (ad esempio non sapevo che “Buoyancy” in italiano voleva dire “Galleggiamento”…). Il primo giorno ho avuto un istruttore Tailandese che personalmente non ho molto amato, ponevo molte domande ma avevo solo confuse risposte di rimando e il suo inglese era a mio avviso incomprensibile (almeno per un non-madrelingua) ma il secondo giorno ho chiesto di spostarmi di gruppo e sono capitato con Patrick che era eccezionale. Patrick è una persona molto particolare a cui non so dare di preciso una età ma considerando il fatto che è da 12 anni nell’isola non mettendo più piede nella sua terra natale olandese, credo che stia tra i 35 e i 40. Malgrado l’aspetto ruvido si è dimostrato un eccellente maestro e mi sono sentito molto a mio agio durante il corso.
Passata la pratica, a bordo di una jeep schivando le scimmie che oziosamente se ne stavano sedute sull’asfalto della strada arriviamo alla parte più al sud dell’isola, Bang Bao per avventurarci in mare aperto. Tutta la zona sud dell’isola presenta delle caratteristiche ancora più rustiche e legate alle vicissitudini naturali della la parte centrale dove risiedevo o di quella nord. Il molo di Bang Bao è un vecchio villaggio di pescatori la cui via principale, che rappresenta il molo ligneo vero e proprio, è costellata di negozi di souvenirs, ristoranti di pesce e hotel arroccati su palafitte sulle acque basse del porticciolo. A bordo di una nave a due piani partiamo alla volta dell’arcipelago di isole minori fino ad arrivare a Koh Rang e lì effettuare la prima immersione in mare aperto. L’emozione era indescrivibile e dopo aver effettuato i controlli in coppia dei vari accessori del giubotto da sommozzatore, i pesi, le pinne ecc… l’entrata con il “grande salto” segna l’inizio della grande avventura. Senza addentrarmi nelle numerose nozioni fisiche, quello che si deve assolutamente sapere quando ci si immerge è che la pressione varia a seconda della profondità, a livello del mare è pari ad 1 atmosfera e man mano che si scende di 10 metri si addiziona un’altra atmosfera; mentre la pressione e la densità aumentano scendendo, il volume diminuisce inversamente proporzionale. Questo ovviamente succede ai nostri polmoni e al nostro giubotto CBD, quindi per evitare seri problemi è necessario saper aggiungere o togliere aria quando più lo si necessita. All’inizio è difficile arrivare ad avere un buon galleggiamento, riuscire a non sentire nessuna forza che faccia galleggiare o che faccia affondare, rimanere neutrali e “volare” sopra le distese di coralli e pesci dalle più svariate colorazioni. Purtroppo sono molte le persone che ormai scese di una decina di metri si spaventano e senza seguire nessuna procedura di sicurezza nuotano in verticale per raggiungere la superficie al più presto possibile causando irrimediabili danni alla loro salute. Il corso istruisce sulle varie conseguenze che un mal comportamento in acqua può arrecare e come comportarsi in casi di emergenza, simulando più e più volte il caso di rimanere senza ossigeno, di avere un’infiltrazione di acqua nella maschera o di averla completamente persa, di aver sganciato il respiratore o di averlo danneggiato ecc… ma ovviamente sta alla persona ricordare il tutto e metterlo in pratica durante l’immersione. Sconsigliano di immergersi con il raffreddore e di evitare di prendere qualunque farmaco antinfluenzale perché potrebbe risolvere il problema momentaneamente e nella profondità del mare ripresentarsi in forma acuta.
Per ottenere il diploma e la licenza da sommozzatore si devono effettuare almeno 4 immersioni e sono state una più incredibile dell’altra. Avevo già avuto modo di nuotare con maschera e boccaglio nel mare delle Filippine o della Tailandia e osservare molta varietà di pesci, stelle marine a coralli ma quello che si vede dagli 8 ai 15 metri di profondità è qualcosa di ben diverso e molto più variegato. Il regolare e lento movimento discensionale causato dallo sgonfiamento del CBD segna l’ingresso al magico mondo sottomarino e continuamente compensando delicatamente si arriva finalmente al fondale dove tutto il reame marino è solo in attesa di essere esplorato.
Durante la seconda settimana sono stato invitato da Matthew a partecipare ad un festival di 5 giorni nell’isola chiamato Thai Fest con circa un centinaio di altre persone provenienti da ogni parte della Russia. L’evento è stato divertentissimo con cene, canzoni rock-pop cosacche, spettacoli acrobatici col fuoco, gite in barca e momenti esilaranti.
Oltre alle quattro immersioni standard ne ho volute organizzare altre due con Matthew che per partecipare al Thai Fest mi ha raggiunto a Koh Chang per la seconda settimana. Anche per lui erano le prime due immersioni “fun dive” ovvero quelle non previste durante il corso e devo ammettere che è stata veramente un’ottima esperienza: durante la prima immersione nel sito dove è stata fatta affondare la nave militare HTMS Chang abbiamo trovato delle condizioni di visibilità non proprio ottimali, così il nostro tutor aveva deciso di abortire l’immersione ma proprio quando stavamo ultimando gli stop ascensionali di sicurezza è apparso un enorme squalo balena che ha attirato l’attenzione di tutti. E’ stata veramente una sorpresa perché è abbastanza raro qui vederlo durante una immersione. Una presenza enorme, maculata ed elegante, di almeno 15 metri che oziosamente nuotava esattamente sotto i nostri occhi, circondato dai pesci che vivono orbitando il suo ventre. Impossibile frenare il batticuore che quest’incontro ha provocato nel petto di tutti i sommozzatori e fortunatamente tra di loro ce n’era uno con una fotocamera acquatica che ha testimoniato l’incontro.
Ringrazio CJ Linter e la sua compagna Mon Sorn, miei compagni di corso che mi hanno regalato preziosi momenti con la loro GoPro riprendendo le immersioni e scattando diverse foto mentre “giocavo” con un riccio di mare enorme nelle profondità marine. Oggi ritirerò finalmente la mia GoPro e questo segnerà l’inizio di una nuova era per questo blog :)!
A presto con il resoconto dell’avventura in Sudafrica!