Chiang Mai 4-5-6-7/IV/2014

清邁201444-5-6-7

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Credo che un viaggio in Tailandia non possa mai non lasciare traccia profonda nel pensiero e nei ricordi.

Per me è stata la terza volta in due anni e mezzo che sono stabile in Asia; la prima volta furono le trafficate strade di Bangkok, i movimenti delle mani delle danzatrici dai vestiti dorati nel chiostro del tempio, gli schiamazzi delle zattere del mercato galleggiante e le abbaglianti luci del Wat Arun. La seconda volta furono le spiagge assolate di Phuket, la folle vita notturna, i magici fondali e lo squisito cibo. Posso affermare che ogni volta che torno in questa terra così vicina alla Cina le emozioni si moltiplicano a dismisura.

La città storica di Chiang Mai เชียงใหม่ è racchiusa da spesse mura, contornate da un fossato di circa 18 metri di larghezza con fontane che di notte si illuminano suggestive; delle mura sopravvivono solo alcune parti, specialmente agli angoli del grande quadrilatero (1800×2000 metri), le altre parti solo state demolite tra il 1930 e il 1945 per pavimentare le strade.
Si dice che lo schema cosmologico della città di Chiang Mai rispecchi una figura antropomorfa con una testa (il portale Nord) e una parte inferiore (il portale Sud); il cuore è incarnato dal Pilastro della Città che, rappresentando simbolicamente il mote Sumeru, mette in comunicazione la città con il centro dell’universo stesso. La parte settentrionale della città era l’entrata ufficiale della famiglia reale ma successivamente furono aggiunti altri 4 portali per facilitare il flusso verso la zona baricentrica.

Il centro storico oggigiorno ha perduto gran parte della sua antichità ma fortunatamente si conservano i templi principali (che hanno subito svariati restauri, alcuni di dubbia competenza)e la sede della attività politica della città con la statua dei “Tre Re” (Ngam Muana di Phayao, Mangrai e Ramkhamhaeg di Sukhothai) che indicono la cerimonia per la fondazione della città nel 1296. Il resto della città è composta da Hotel a 4 stelle, Spa e centri massaggi, ristoranti di ogni cucina e numerosi B&B dagli esterni eleganti, luminosi e fusion di stili moderni e antichi.

Il Wat Chedi Luang วัดเจดีย์หลวง “il tempio del grande stupa” è una delle attrazioni principali della città. Risale al 1300 la prima pietra della costruzione dovuta al re Ku Na che morì prima del completamento dell’opera. Il grande stupa sarebbe stato in onore della famiglia reale e pare che in sogno sia apparso il padre del re defunto e abbia persuaso il figlio a costruire una architettura tale che potesse essere vista ad occhio nudo da perlomeno quattro kilometri di distanza. Il Chedi raggiunse i 24 metri durante l’epoca di re Sam Fang Kaen ma solo sotto il regno di Tilokarat toccò i leggendari 96 metri (1481). Purtroppo un terremoto fece collassare la struttura che rimase come oggi la vediamo a metà dell’altezza, 45 metri; tuttavia ancora detiene il primato di essere l’edificio più alto della città. E’ ben visibile il restauro effettuato alla base dello stupa, i grandi Naga sembrano stati scolpiti ieri e i grandi elefanti che nell’antichità circondavano tutto il secondo livello della piramide, ora rimangono solo nell’angolo nord e molto alterati dalle ricostruzioni. Nel complesso templare sono presenti vari edifici oltre al Chedi principale, il Viharn (luogo di preghiera e altare religioso per le statue del Buddha), la scuola dei monaci, l’Ubosot (la sala dell’Ordine dei monaci), un enorme albero di Bo (che rappresenta il guardiano del tempio) e un elegante edificio di legno nero che oggi è adibito a museo e contiene, seppur in maniera a mio avviso abbastanza disordinata, i manoscritti sacri, delle impressionanti riproduzioni in cera dei monaci del passato in scala 1:1 e delle foto del famoso Buddha di Smeraldo che nel 1551 venne trasferito a Luang Prapang ຫຼວງພຣະບາງ ora capitale del Laos (una delle prossime mete di viaggio). Nel Wat Chedi Luang, come in altri templi, è possibile comprare una tegola, un mattone o qualsiasi materiale di costruzione per incidervi sopra il proprio nome e così aiutare all’ampliamento delle nuove strutture ricettive. Mi hanno evocato l’immagine di un quadro i tre monaci che stavano costruendo un ponte su uno specchio d’acqua per preparare gli addobbi del Songkran (anno nuovo tailandese), stavano riposando e dialogando e così il loro riflesso nelle leggere increspature del fiume artificiale, un arancio fluttuante nel verde della lussuriosa vegetazione e il nocciola del legno.

Il Wat Chiang Man วัดเชียงมั่น è il tempio più antico della città e risale al 1297 costruito dal leggendario re Mangrai. Mi ha colpito questo tempio perché sin dal primo momento mi è apparso differente dagli altri templi buddhisti che ho visitato ed effettivamente lo stile architettonico è in diretta corrispondenza con le forme eleganti dei templi dello Sri Lanka che arrivarono assieme al Buddhismo via Sukhothai o Bagan. Sono 15 gli elefanti di pietra che fanno la guardia alla lenta ascesa verso il monte sacro (il corpo principale dello Stupa) e questo vuole rappresentare la lealtà e il rispetto del sovrano per la divinità. Non ho potuto non immortalare con la mia canon una statuina dorata di Ganesh गणेश divinità indiana dalla testa di Elefante, circondata da piccole statuine bianche di elefanti dalle forme rotonde, posizionate sotto la grande proboscide di pietra del pachiderma di guardia sull’angolo est, la terminazione dorata dello stupa mi ha fatto ricordare l’alba nel nord del Myanmar e il sole che sorgendo lentamente infuocava i templi dorati e le mura bianche.

I cartelli fuori dal tempio di Wat Phra Singh Woramahaviharn วัดพระสิงห์วรมหาวิหารdiffidare di eleganti persone che si spacciano per guide turistiche e che poi truffano inevitabilmente i turisti” mi hanno ricordato le subdole persone di Bangkok in prossimità del grande palazzo reale che professavano la chiusura del tempio per portare il turista dove loro volevano (nel caso di Bangkok però era un furto di tempo, non di denaro). Il tempio l’ho raggiunto il moto, noleggiata per il modico prezzo di 2 00฿a giornata. L’entrata è sorvegliata da due Singha dallo stile Burmese li Viharn principale è l’unico tempio che non accetta gratuitamente i visitatori ma vi è un biglietto di entrata di 100฿ anche se sinceramente non lo ritengo alla pari dei primi due. Gli interni lignei erano con intarsi dorati tipici di questa area in questo tempio erano arricchiti da decorazioni appese al soffitto e delle offerte di cibo erano posizionate di fronte a delle statue raffiguranti il buddha ricoperte da piccole foglie dorate (proprio come le avevo viste a Phuket).

Oltre ai templi che hanno sempre un fascino particolare, questa è stata la vacanza delle esperienze selvagge e pericolose. Il contatto con la natura è stato assoluto. Dopo una lunga ricerca del programma idoneo finalmente abbiamo trovato un’escursione con gli elefanti perfetta. Era più una lezione di ornitologia che una vera e propria passeggiata turistica nella giungla; con un gruppo formato da 7 persone con una jeep siamo giunti alla base delle montagne, fuori dalla città e dopo una sosta al mercato delle banane siamo arrivati al campo degli elefanti. È stato magico quando ho visto arrivare l’elefantessa da lontano, sono animali mastodontici e ghiotti di banane (e io che credevo che mangiassero solo noccioline…). Mi affascina il pensiero che quella elefantessa, come le numerose altre che abbiam conosciuto ci ricorderanno per tutta la loro vita (la famosa memoria di elefante). Abbiamo prima preparato un involtino di Tamarindo (una prelibatezza per i pachidermi), riso, banana e fibra per garantire una buona digestione all’elefante, non è raro che un gigante come loro muoia per non potere defecare per una settimana. Ho avuto la possibilità di cavalcare senza sella una elefantessa di tre metri, passeggiare lentamente nella densa giungla sfiorando le cime degli alberi con le mani, guadare le acque fresche di un fiume e lavarle la sua pelle ruvida e porosa. Sotto il grande capannone c’era anche una elefantessa di 4 mesi (grande come un pastore delle fiandre), giocherellona e un po’ troppo irrequieta. Mi sono avvicinato a dei pachidermi non troppo grandi, sempre più alte del metro e novanta, ho dato a una di loro un casco di banane che ha divorato velocemente e quando mi sono avvicinato per toccarle la testa mi hanno lanciato un colpo fortissimo con la proboscide sul petto che mi ha tolto il respiro per pochi secondi, la guida mi ha poi spiegato che quelle elefantesse è meglio lasciarle stare perché sono delle ribelli teenagers.

Il giorno dopo con la moto abbiamo raggiunto il Tiger Kingdom a Mae-rim , 10km dal centro di Chiang Mai, che a differenza del programma Mahout (dal sanscrito महौत ovvero “persona che cavalca l’elefante”) era un vero e proprio parco di attrazioni, tipo parco zoologico. Sinceramente ho provato una sensazione di malessere quando ho visto l’entrata allo zoo, non me lo aspettavo così tanto piegato al turismo ma poi devo ammettere che malgrado una hall affollatissima di gente che “prenota” le tigri per passarvi 15 minuti assieme, l’interno non è un ambiente troppo costretto per i felini. Il video che scorre a Loop ci informa che tutte le tigri presenti sono nate e cresciute nel parco zoologico e che sarebbero incapaci di sopravvivere al di fuori di esso; che non viene usata nessuna droga per rabbonire le tigri e che è necessario firmare una liberatoria per poter entrare nelle gabbie. Ho scelto di passare i 15 minuti con delle tigri adulte di ben 2 metri e mezzo l’una… è stato un batticuore entrare senza alcuna protezione nel grande recinto, seguendo timidamente l’addestratore fino ad avvicinarci alle tre tigri sdraiate all’ombra. Dopo una serie infinita di foto, specialmente rivolte alla dentatura, agli occhi color ambra e al pelo dai colori accesi, l’addestratore ci volle dimostrare come le tigri non venissero sedate, così iniziò a stuzzicare la tigre semi-dormiente con un bastone su cui era legato un canavaccio, di pronta risposta il felino scattò mostrando le zanne e impennando i baffi, per poi saltare come un gatto gigante per afferrare la stoffa lacera. So che non si dovrebbe alimentare questo mercato, non ritengo giusto imprigionare un animale in un recinto ma secondo il mio parere nessuna delle tigri che abbiamo visto sembrava triste, piuttosto la stanchezza delle tigri era dovuta ai pochi spazi ombreggiati che avevano nella radura. Probabilmente senza il Tiger Kingdom mai avrei potuto provare l’emozione di appoggiare un orecchio sullo stomaco di una tigre. Una cosa però che mi ha dato fastidio è vedere la piccola area coperta dove stavano decine di tigrotti tra i 2 ai 6 mesi (il biglietto più caro del parco 620 ฿), invasa da turisti che in maniera poco delicata “strapazzavano” i giovani felini approfittando della loro giocosità indifesa. Nel depliant si vedono quattro foto con persone occidentali e tigri e queste rappresentano le varie possibilità di visita, Smallest (il tigrotto di 2-4 mesi), small (5-10 mesi), Medium (la tigre teenager 11-15 mesi) e Big Cat (la tigre grande e adulta 16-36 mesi), in quest’ultima si vede una ragazza in secondo piano che sta simulando di mangiare la coda della tigre…

Il viaggio avventuroso all’insegna del brivido e dell’adrenalina non si soddisfa delle sole tigri e degli elefanti ma va oltre portandoci con la moto poco fuori il centro di Chiang Mai nel poco visitato Siam Insect Zoo. Sono convinto che se non fossi un architetto, probabilmente sarei un entomologo; adoro gli insetti anche se alcuni proprio non entrano nella sfera della sopportabilità (scarafaggi, scolopendre e millepiedi). Si stava per avvicinare un temporale violento, almeno così sembrava dai tuoni pesanti e il cielo plumbeo ma poi fortunatamente piovve solo pochi istanti. Tutte le gentili ragazze del museo erano a nostra disposizione per aiutarci nella visita e spiegarci in inglese le varie curiosità sugli insetti. Mentre la prima parte erano solo teche di coleotteri, aracnidi e farfalle sotto vetro, la seconda parte trattava di insetti vivi e vegeti, così ho toccato per la prima volta un insetto stecco, una mantide dalla mimetizzazione a foglia, un geco enorme e spinoso che sembrava un dragone e uno scorpione gigante nero. A dire il vero mentre tenevo lo scorpione in mano, la ragazza “gentilmente” ne collocò altri due sul mio petto, ancorati alla mia maglietta color porpora tramite le zampette a gancio. Non avevo paura, ero piuttosto eccitato dalla sensazione di avere degli animali come quelli a contatto con la pelle, ma quando alla mia domanda se potessero pungere con veleno mi rispose “Yes of course they can, only if they feel you are scared” ovvero “si possono pungere ma lo fanno solo se percepiscono che sei spaventato” ammetto che i battiti del cuore hanno cominciato a suonare forti (ho pensato poi che probabilmente non molte persone si lasciano collocare gli scorpioni sul petto perché non faceva altro che scattarmi delle foto da stampare e collocare alla biglietteria così da attirare visitatori). Molto interessante è la voliera delle farfalle, centinaia di farfalle che si posano su altrettante piante fiorite, mi hanno colpito le pupe dal colore argenteo e verde smeraldo, non credevo che potessero avere dei colori così lucenti.

Ed è gustando Il famoso dessert di Chiang Mai, il mango fresco con riso dolce, latte di cocco e semi di sesamo (ข้าวเหนียวมะม่วง) , nel ristorante più Kitch della città che dico nuovamente arrivederci a questa terra.

Il ponte del primo Maggio, mi darà la possibilità di visitare un’altra città che da tempo voglio visitare e vivere, dal 30 aprile al 3 maggio si vola nuovamente nelle Filippine ma questa volta a Maynilà!

劳动节快乐!Láodòng jié kuàilè! Felice festa dei lavoratori!

 

Prima Galleria fotografica

Seconda Galleria fotografica


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