Crescere.
Arriva prima o poi quel sofferto momento in cui si lascia l’infanzia e si prende coscienza dell’avvenuto trapasso, dell’essere -ormai, con angoscia – adulti. La reazione è una lotta disperata, un travaglio dell’anima che si isola nelle confessioni e che insieme cerca il confronto nelle numerose dediche e nei numerosi duetti; che si nasconde tra segni grafici e parole altisonanti, in una sintassi contorta, e che invece altre volte scende nel quotidiano, in immagini concrete e parole raccattate dalla strada.
Molti i luoghi e le lingue, dal rabbioso orgoglio del mito greco, alla mistica eleganza dell’Oriente, all’afa della Spagna, e in questi il Poeta si aggira come un lupo affamato, alla ricerca di prede: adrenalina, emozioni forti, contatto con il mondo, la terra, le persone: e soprattutto emerge l’Amore come esperienza totalizzante, fisica e eterea a un tempo. Si ha, leggendo i versi di Luca D’Amore, l’impressione che un’onda stia per infrangersi su una scogliera e che lui sia la schiuma di quell’onda, arroccato nel suo punto più esposto proprio per catturarne l’esperienza più estrema, assetato di vita e pronto al pericolo pur di trovare una scintilla di elettricità. E allo stesso tempo un freno quasi nascosto, quasi un blocco, che si riflette nell’eleganza posata e quasi ottocentesca di alcuni versi. Un po’ come Dedalo, il celebre architetto che progettò il labirinto – e questo labirinto dell’Essere trovo sia presente anche in tutte le liriche di Luca D’Amore – e famoso anche come scultore; le sue statue erano talmente naturali da sembrare vive – senza esserlo, e secondo Diodoro in tali statue era impresso, negli arti inferiori, il movimento. Platone stesso nel Menone accenna ad esse, raccontando che bisognava fossero legate perché non fuggissero; una volta immobilizzate, tuttavia, potevano essere ammirate nel loro eterno conflitto tra natura e artificio, nel loro essere in bilico tra la vita e la stasi.
E’ questo stesso dissidio che attraversa prepotente l’opera di Luca d’Amore. E nel dissidio, la voglia di andare oltre, di cercare nuove emozioni, e allo stesso tempo la paura di lasciarsi andare davvero, perdendo se stessi.
In questo dissidio, è il senso del crescere.
Adriana Farenga
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