Recensione a: PROTOCOLLO MECCANICO Vol. 1,2,3
“Amleto e il suo Clone”
La trilogia di Luca D’Amore richiama alla mente il mondo fantascientifico di Asimov e quello tormentato tra antichità e modernità di Shakespeare. Una figura allo specchio, il protagonista, che interroga se stesso e solitario si avvia verso l’autodistruzione, una tragedia imposta-fuori del tempo e del luogo. Setting e timing
convenzionalmente alla sua portata e in cui è stato inserito non chiedendolo innescano il countdown. Ma ciò che soprattutto lega il percorso del protagonista di Protocollo Meccanico ad Amleto è la perdita di identità prima, la consapevolezza e il dolore di essere uomini,il tentativo di ribellione ed, infine, la scelta. Amleto si interroga, il suo clone allo specchio risponde nel futuro.
Amleto è Principe di Danimarca e pertanto deve vendicare la morte di suo padre secondo le tradizioni culturali che caratterizzavano le società antiche; egli è però anche l’uomo moderno inserito nel dialogo all’avanguardia delle università del continente. Non sa se agire o no,non sa se uccidere o no. Nel suo intimo sa che non deve. Meglio suicidarsi allora,così la terza scelta almeno è sua propria. O meglio credere che la realtà non esista cosicché nel sogno ogni libertà è libera. Ma è un uomo e come tale ha paura; i fantasmi ed i timori del suo background culturale e sociale lo legano all’evidenza dei fatti: deve agire e creare distruzione. E dov’è dunque l’umanità, la dignità di essere uomini? Cosa è questa vita che ci rende soli e costringe tuttavia a mischiarci, ad accettare un destino crudele basato sull’odio e la morte. E questo linguaggio che ci convince contro la nostra volontà…Sceglierà la vendetta creando i presupposti di un suicidio,a sua volta sarà vittima di vendetta.
Otelma ,così chiamerò il suo clone è proiettato nel futuro. Nel Vol.1, la scelta lessicale rinforza la consapevolezza di sentirsi “un Uomo”: termini astratti riferiti anche al pensiero,al ragionamento,al sentire con i sensi. Gli fa da controcanto l’utilizzazione di segni grafici a simbolo di una lingua diversa e uniforme nella sua manifestazione: la lingua di un meccanismo che sta per togliergli la sua umanità e la sua caratteristica di essere unico tra le tante unicità ormai anch’esse formattate. I segni sono accompagnati da termini riferiti alla meccanica (“meccanismo”, “ingranaggi”, “elettroni”, “perno di rotazione”), rendendo così il passaggio ibrido da ciò che era a ciò che forse sarà. “Padronanza degli eventi”, cerca di autoconvincersi alla lotta ma qualcuno o qualcosa, una “Scheda madre” ha deciso il suo destino, proprio come il complesso di Edipo che lega Amleto alla madre ha il suo effetto devastatore. Nel Vol.2 Otelma sa di non essere più un uomo- è “ferro”, “acciaio”, “latta”- ma né un Androide o
Mutante, neanche un automa:infatti percepisce una “scintilla di libero arbitrio”, una “eroica protesta titana” contro una “civiltà resa brutale”che l’ha “condannato” a “bara di cristallo”,una morte apparente di vitalità che però cova e batte nel suo “cardio-motore”. La “vendetta”, ecco la scelta ora. E’ il grido di Amleto, lo stesso: “hanno riso-ora piangeranno/hanno gioito-ora soffriranno”. Sentimento molto umano direi. Ma nel Vol.3, Otelma ritorna allo specchio e, alla luce del metallo che lo forma è duplice specchio. Una duplice riflessione che sigilla l’ultima domanda: che ne sarà di me se non ricordassi più nulla di me?E’ soltanto un autoriflettermi, il clone del clone. Il vuoto intorno. E’ solo su di una “terra bruciata”. Ultimo poeta del futuro tra sogno e realtà, un futuro immaginato ed un passato che pesa. Fuori del luogo giusto e del tempo giusto in un presente “senza colore alcuno”.L’ibrido tra uomo-robot compie l’ultima tragedia: come uomo ha orrore della solitudine e della possibilità di scomparire nella sua memoria, come robot può decidere di auto-uccidersi, di distruggere quell’anima che mai scompare neanche se costretta entro involucri di latta. Certo una delle leggi della robotica gli impedirebbe di auto-distruggersi a meno che non costituisca pericolo per l’uomo: ma ogni straccio di umanità è svanita. Quindi,ora, può decidere la “fine”.
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