Il ricordo quasi appassisce
L’efebica bellezza di quegli stucchi
Che increspature nascondevano nel cuore
La loro cecità vanno sfumando.
Rovine
Solo rovine e pioppi
Archi e cipressi, colonne e ulivi selvatici.
Romantico quel coacervo di rumori distrutti
Straziati dal grido del vento/tra le nicchie dove riposa il
ricordo
In simulacro perfetto.
Inganna corpo anima
e mente allo sguardo quel distratto declivio che teatro una
volta
gridava in coro diatribe mormoranti.
Giacendo come palude affamata
Su mari di prede
Le fondazioni
Lacrime versarono silenti
Che Atlanti vollero supportare
– Come del cielo il reame –
il sorriso beffardo dell’adunatore di nembi e tempeste.
In marmo e calcare
Lasciare firme e macchie di sangue
per realtà
Ingoiate dalle polveri.
Fagocitate dalle nubi.
Agognate ormai dal volo di un corvo
Che la luce rinnega
nel suo inconscio sognatore.


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