Luang Prabang 1-2-3-4-5/X/2015

琅勃拉邦2015年10月1-2-3-4-5日

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Dopo la meravigliosa Birmania, la provocante Thailandia, la mistica Cambogia e il colorato Vietnam, il Laos era l’unico pezzo mancante per completare il quadro del Sud-est-asiatico.

Luang Prabang ຫຼວງພຣະບາງ è una città situata nella parte nord del Laos che conserva un’atmosfera languida e magica non ancora contaminata dal turismo di massa. La città antica è racchiusa poeticamente in una lingua di terra tra i due importanti fiumi Mekong e Nam Khan ed è una fortuna che sia sopravvissuta alle numerose invasioni e soprattutto agli ordigni statunitensi che hanno devastato tutto il paese tranne questa città. L’atmosfera che si respira a Luan Prabang è molto diversa da Vientiane, è possibile noleggiare uno scooter ed andare all’esplorazione della città storica costeggiando il marron-azzurro Nam Kham solcato da lunghe imbarcazioni che pigramente si lasciano trasportare dalle docili correnti e cercare il posto migliore per assistere all’unico spettacolo degli infuocati tramonti. Proprio scorrazzando senza meta lungo le rive del Nam Khan ci siamo imbattuti in immagini estremamente cariche di poesia come quella di un anziano in controluce appoggiato alla staccionata di bordo della discesa che portava al molo; lo sguardo dell’uomo era proiettato a nord e sembrava stesse attendendo con frenesia l’arrivo di qualcuno. Se socchiudo gli occhi posso ancora far venire a galla quel potente ritratto nella mia mente: lungo le rive del fiume a partire dalle sei cominciano a propagarsi innumerevoli vortici di fumi, provenienti dalle cucine dei vari ristoranti e dalle case e questo fornisce ad entrambi i fiumi un alone di mistero, leggermente spettrale. La gente qui nel Laos è di una gentilezza unica, sempre pronta a quello che mi ha più colpito è il fatto che anche in luoghi dediti al commercio e alla vendita, come per esempio i mercati pubblici, i venditori non ti assalgono, non urlano e non insistono. Molto nobile come atteggiamento, molto poco asiatico effettivamente.

Senza dubbio Wat Xieng Thong tesaurizza tutta la bellezza dei complessi templari Laotiani: Naga dorati, portali decorati, mosaici vetrati e coloratissimi, Garuda color malva sui tetti a punta, pinnacoli scultorei adornati da campanelle che tintinnano accarezzate dal vento, tinte vivaci. All’interno del tempio mi ha colpito la spiritualità della luce che entrando a tagli dalle aperture laterali, fornisce all’intero edificio un’aura indescrivibile di misticismo. Ne avrò visitati minimo duecento di templi da quando sono in Asia, ma ancora rimango stupito dall’atmosfera e colgo ogni minimo dettaglio che ai miei occhi li rende unici ed irripetibili. Una delle attività più “turistiche” qui a Luang Prabang è svegliarsi la mattina all’alba e andare ad assistere al Tak Bat ovvero “la processione in fila indiana dei monaci che raccolgono le offerte dei fedeli” il tutto accompagnato da ipnotiche musiche, percussioni e gong. Ho deciso di non parteciparvi quando ho letto che molti turisti purtroppo ancora non sapendo come comportarsi, trattano i monaci come fenomeni da baraccone, accecandoli con flash esplosivi, urlando, parlando al telefono e schiamazzando. Avrei voluto vedere la processione ma sinceramente essere parte di una folla insensibile non è la mia massima aspirazione per questa permanenza in Laos, tuttavia mi sono preso il lusso di immortalare i monaci in alcuni scatti durante la loro vita quotidiana, quando puliscono il giardino del loro monastero, quando passeggiano sorridenti e parlando tra di loro per le strade della città, quando prendono il bus. Nel confine con Thailandia-Laos abbiamo incontrato un gruppo di monaci dalle vesti di uno splendido arancione che si sono seduti negli ultimi posti del bus accanto a noi. Siamo rimasti sbalorditi dal loro Inglese perfetto, quasi senza accento.

Un leggero hiking della collina Phu Si in pieno centro della città conduce ad un panorama meraviglioso reso ancor più magico dall’incandescente sole che al tramonto si va a nascondere dietro le Carsiche montagne. La collina è disseminata di piccoli templi e sacelli e il Wat Chom sorge sul punto più alto, le cui terrazze normalmente sono gremite di persone frementi per assistere al tramonto. Non è stato solo un bello spettacolo ma anche un momento estremamente istruttivo; per la prima volta in vita mia ho visto sul muretto in pietra della terrazza uno sciame di frementi termiti che lentamente ha conquistato gran parte della scalinata, spaventando, incuriosendo e prendendo alla sprovvista tutti i turisti che vi si avvicinavano senza rendersi conto. Matthew mi ha spiegato come questo processo è normale quando le termiti vogliono far uscire le pupe e le regine dai loro nidi per volare verso altri terreni e dopo aver creato quattro diversi gruppi lo sciame percependo la differente pressione dell’aria decide di librarsi in volo con una sincronia impressionante, tingendo di grigio il color malva del cielo al tramonto. Affascinato dal tramonto ma anche dalla natura non ho potuto non scattare innumerevoli foto.

Dopo aver visitato ed assaporato ogni emozione che la città di Luang Prabang fornisce non c’è miglior cosa di un massaggio in stile Laotiano. Ne abbiamo provati due, molto diversi, diverso budget, diversa location e diverso trattamento. Lungo le strade sono innumerevoli le volte che si ascoltano delle suadenti voci di Lady boy o seducenti ragazze provenienti dalle attività bordo-strada che sussurrano/urlano “Massà”, cosa che mi ha ricordato molto la Thailandia, specialmente Bangkok. In generale il massaggio Laotiano mi risulta essere molto affine a quello Thailandese, centrato sulla tonicità, sul relax muscolare e sullo stretching ma nel caso del Laos sembra esserci anche la componente “puntiforme” della pressione delle dita tipica del modo di massaggiare e trattare il muscolo nella tradizione cinese. Uno dei centri massaggi più famosi della città, il “Dhammada” era proprio accanto al nostro hotel e malgrado il costo elevato di 140,000 Kip (economico se si paragona allo standard europeo, 16 euro) ha regalato relax al corpo affaticato dalla scoperta e dal caldo asfissiante. L’unico inconveniente è stato parcheggiare il motorino esattamente in corrispondenza di un nido di formiche rosse; di notte con visibilità scarsa non avevo neppure notato che tutta la parte anteriore del veicolo ne era completamente coperta fin quando le formiche hanno cominciato a pungermi i piedi nudi, polpacci, gli stinchi e le ginocchia, esperienza orribile.

Malgrado una misteriosa legge che “vieta ai turisti di utilizzare il motorino dopo le 20”, siamo andati al celeberrimo locale Utopia proprio affianco alla collina Phu Si. Il nome è assolutamente consono perché entrati in questo locale all’aperto si respira un’atmosfera unica, da sogno: Un cocktail sulla scricchiolante terrazza in bambù proprio di fronte al fiume che riflette un prossimo tramonto, la musica soffusa in sottofondo, leggeri “Futon” dai colori variegati disposti in fila orientati verso il bellissimo panorama e il buon cibo rendono il posto incantevole.

A proposito del cibo, esattamente come per il Myanmar a mio avviso rappresenta un aspetto molto deludente di questo paese. È assolutamente una mia impressione personale ma tanto sembra un buon cibo tailandese privato di ogni salsa, frutta e condimento, o un vietnamese senza sapore né fantasia. Anche la famosa “Papaya salad” che in Thailandia e Vietnam rappresenta una dell pietanze più gustose, in Laos viene preparata con una disgustosa salsa di pesce che la rende immangiabile a mio avviso. Non è un caso che penso di aver mangiato più cheese burgers e patate fritte in Laos in dieci giorni che in tutta la mia vita.

Noleggiare una moto non è solo un ottimo modo per vivere la città e fare zapping da un luogo all’altro agevolmente ma è anche un buon metodo per visitare le numerose attrazioni che si trovano poco fuori il centro città. A 30 km dalla storica Luang Prabang, percorrendo una strada a tratti ben asfaltata a tratti sterrata, si arriva alle splendide cascate Tat Kuang Si. Proprio all’ingresso del parco immerso nella giungla sorge il “Tat Kuang Si Bear Rescue Centre” che a primo impatto tanto mi ha ricordato il crudele parco zoologico all’ingresso della Muraglia Cinese, sezione Badalin a Pechino, ma poi a seguito di alcune spiegazioni ho scoperto che si tratta di esattamente l’opposto, gli orsi presenti in questo recinto sono stati salvati dallo sterminio (la bile di questi pigri animali sembra essere un siero potentissimo di testosterone, i cinesi ne vanno pazzi). Il parco in leggera salita sfoggia numerose terrazze calcaree, simili a quelle della nota località turca di Pamukkale, e in alcune è possibile fare il bagno sfidando la gelida temperatura delle acque color turchese(nelle giornate soleggiate). Tra alberi secolari, liane, enormi fiori tropicali si arriva al vero spettacolo del fiume che da 25 metri cade libero nell’aria generando le splendide cascate.

Altra avventurosa escursione fuoriporta è stata quella con destinazione le note Pak Ou Caves, delle Caverne sacre situate in un isola in mezzo alle acque del fiume Nan Ou. È stato avventuroso perché non avevamo nessuna mappa, le strade erano segnalate solo in linguaggio laotiano e il Gps del telefono funzionava a singhiozzi, saltando completamente il conveniente bivio per arrivare al molo ci siamo diretti diversi chilometri più a nord e siamo dovuti passare per delle strade completamente brulle, chiamarle sterrate è un eufemismo. Ero preoccupato per la moto, per le sospensioni, di forare nella deserta strada o di rimanere impantanati nelle diverse pozzanghere che costellavano la stradina (in alcune di esse vi erano adagiati oziosamente due Bufali d’acqua). Spaventoso e lungo, ma allo stesso tempo estremamente eccitante e soddisfacente; abbiam visto dei panorami unici dalla cima delle colline verso il fiume, abbiamo incontrato la gente locale dedita all’agricoltura, animali selvatici e con grande sorpresa anche tanti pachidermi. Sulla strada di ritorno siamo entrati in un “Elephant Camp” e abbiamo assistito alla migrazione dei grandi elefanti, cavalcati dal Mahout, verso la riva del fiume per le quotidiane abluzioni al tramonto. Mi ha fatto pensare molto a Chiang Mai e a quella volta in cui mi sono bagnato con l’elefante lavandolo e carezzandolo.

Le caverne si raggiungono solo a bordo di affilate imbarcazioni che agilmente solcano le acque color Nesquik del fiume. Arrivati al molo delle bambine ci hanno salutato e venduto delle strane insipide verdure, che sembrano dei boccioli di garofani, che ho prontamente regalato alle donne all’ingresso delle caverne. Ci sono due sale principali, quella prossima all’entrata e quella più sacra alla quale si arriva percorrendo una lunga scalinata aggrovigliata dalla vegetazione tropicale. La prima si estende in salita con innumerevoli statue in bronzo, oro e pietra disposte su diverse terrazze e raffiguranti il Buddha nelle sue varie pose: nella vellutata penombra all’interno ogni pietra trasparente e dorata sembrava splendere di luce propria. L’altra sala rappresenta il Sancto Sanctorum dell’area ed è composto da una immensa sala, raffreddata dalla spessa pietra e dall’umidità, completamente al buio per preservare al meglio le numerose rappresentazioni del Buddha ma che azionando la modalità “Flash” del telefono, rivela un ambiente unico ed emozionante.

La nostra esperienza nella vibrante Luang Prabang si conclude con un emozionate giro in barca sul Mekong al tramonto per ammirare i vari colori e le numerose tinte delle sue acque, il lento levarsi dei fumi, i monaci bambini che si bagnano giocosi nelle acque davanti al tempio e poi musiche e canti che dalle rive riecheggiano infondendo all’aria una spiritualità unica.

A breve l’ultima e indimenticabile esperienza Laotiana

La “Sin city” del Laos: Vang Vieng.

A presto!

 

Galleria fotografica relativa all’articolo I  II


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