Bali 29-30-31-1-2-/IV-V/2016
巴厘岛2016年4-5月29-30-31-1-2日
Solo oggi, il giorno del Dragon Boat Festival 2016, ho il tempo di riprendere il mio blog e di dedicare preziosi momenti a rimembrare lo scorso viaggio. Tra un zongzi 粽子 e una tazza di tè, con l’aria condizionata fissa in salone e con le gambe dolenti per le 5 ore passate a ballare salsa e bachata la scorsa notte mi accingo a raccontare l’incredibile avventura Balinese.
Inutile dire che era da molto tempo che avevo l’intenzione di visitare la splendida isola di Bali, Indonesia ma per via dell’eccessivamente caro prezzo del biglietto ho sempre declinato e optato per altre mete. Con l’occasione della visita di Pamela e Lionel, due cari amici di Matthew, abbiamo deciso di partire ed esplorare con loro l’isola tropicale. Si sono susseguite talmente tante vicissitudini che per me è difficile organizzarle ordinatamente in un articolo così lascio al mio flusso di coscienza il compito di esprimere il tutto.
Non avrei mai potuto immaginare la grandezza dell’isola di Bali perché nella mia mente era una piccola isola visitabile in pochi giorni. Invece mi sbagliavo di grosso. Bali ha una superficie di circa 6000kmq ed è situata tra la grande isola di Java e Lombok.Ciò che rende Bali un’isola estremamente interessante è inoltre il carattere coloniale (solo nel vicino 1946 ricevette l’indipendenza dallo stato Olandese) e l’altissima concentrazione di credenti indù che apporta alla già ricchissima isola notevoli testimonianze architettoniche e scultoree. Ovviamente solo 3 giorni non bastano per visitare quest’isola e quindi ci siamo dedicati soltanto a poche ma incredibili attrazioni. Lo scopo era quello di vivere l’isola in poco tempo ma nel modo più diretto ed avventuroso e quindi in 5 persone abbiamo deciso di noleggiare tre moto 250 e andare alla scoperta delle zone limitrofe.
Una delle primissime impressioni che si può avere di Bali è il caos lungo le strade principali, specialmente le centrali e soprattutto nelle ore di punta. Avevo sperimentato un intenso traffico ad Ho Chi Minh e a Bangkok ma mai prima d’ora mi ero trovato guidando nel bel mezzo dell’anarchia. In Indonesia, come in Thailandia e in quasi tutto il sud est asiatico si guida a sinistra e per questo ho preferito far guidare Matthew (il Sudafrica segue il modello Inglese di traffico) perché non erano pochi i momenti in cui rimanevo confuso dal comportamento di alcuni veicoli ponendo nella mia testa come sistema vigente quello a cui sono stato abituato da quando avevo 16 anni. Se le strette strade cittadine sono vene e capillari della città di Denpasar allora i motorini sono i globuli rossi che faticano a fluire a causa delle ostruzioni venose (le macchine) che rimangono bloccate e rallentano il tutto. Forse alquanto viscerale come paragone ma la vena in trombosi rende bene l’idea dell’intenso traffico a cui sono soggette le persone diariamente in quel di Denpasar.
Alloggiavamo nella zona di Seminyak, nella parte sud, molto vicino all’aeroporto, ed è possibile definirla come la più turistica e nota per la folle vita notturna (soprattutto la zona costiera di Kuta).Eravamo ospiti di una splendida villa in stile coloniale con soggiorno e cucina aperti sulla piscina e con le stanze distribuite ad L affacciate sul patio interno.
Una delle prime mete che abbiamo scelto è il tempio di Ulu Watu (pura segara_tempio di fronte al mare), minuto ma splendido che rappresenta secondo la credenza Balinese uno dei sei templi più sacri dell’isola, Sad Kahyangan. Questo tempio voleva onorare la divinità del mare e quindi venne eretto su un’alta scogliera a strapiombo sul mare blu cobalto perennemente increspato ed imbiancato dai flutti marini. Sfortunatamente quando siamo andati non concedevano visite del tempio e della zona adiacente ma comunque passeggiare lungo la scogliera, perdersi nella giungla tropicale dei giardini tutt’attorno, farsi ipnotizzare dal continuo infrangersi delle onde sugli scogli sottostanti e tesaurizzare nella mente il colore degli oleandri che senza paura si gettavano nel vuoto come attratie dal blu intenso del mare con un cielo sempre azzurro e la roccia color crema, merita una visita. Lo stile decorativo del tempio mi ha ricordato molto Angkor Wat, con le misteriose sculture delle teste della divinità e alcune parti aggrovigliate completamente dalla natura ma c’è una cosa che rende unici i templi balinesi: il “cappello di paglia” dei vari sacelli sacri che nel caso delle torri principali vengono a sommarsi in altezza creando un effetto a montagna che richiama la forma del sacro “monte Meru”. Oltre alla presenza di bellissimi ma pericolosi serpenti lungo le bollenti pareti di pietra grigia, ci sono anche moltissime scimmie sembrano avere come obiettivo principale quello di rapinare i visitatori delle loro bottiglie, dei loro telefoni, foulards e macchine fotografiche (fortunatamente sono molti i cartelli che in molte lingue avvertono i turisti a star attenti a queste esperte ladre).
Il mare di Bali non ha solo uno splendido colore ma è anche un’attrazione conosciuta dai Surfisti di tutto il mondo: le onde di Bali creano un raro effetto “Tunnel” che è possibile Surfare per diversi minuti proprio nel momento prossimo alla rottura della cresta dell’onda. Con la moto ci siamo diretti verso uno dei numerosi villaggi per surfisti e ci siamo immersi nella loro cultura: ho capito perché i miei capelli cambiano colore d’estate e soprattutto quando mi bagno nell’acqua salata e l’ho capito grazie al semplice fatto che quasi tutti i surfisti bianchi hanno i capelli biondissimi e la pelle scura, ambo le cose bruciate praticamente dai raggi solari. Dopo un frugale pasto in una terrazza panoramica a picco sul mare abbiamo trovato il punto in cui tutti i surfisti di immettono tra le onde, una deliziosa caletta avvolta a 360 gradi da pura roccia e dalla sabbia dorata…
Ho sempre visto attraverso le foto di viaggio di amici e conoscenti questi misteriosi complessi templari e finalmente ho avuto il piacere di visitarli e fotografarli. Bali viene definita “L’isola dei 1000 Pura” e como ho accennato pocanzi “Pura” è il termine Balinese che indica il complesso templare. La parola pura viene dal Sanscrito (-pur, -puri, -pura, -puram, -pore), e vuol dire “città fortificata° o “palazzo” infatti durante lo sviluppo della lingua Balinese il termine Pura venne a significare “tempio” e il termine Puri “palazzo, residenza dei nobili e dei Re.
Dopo una giornata interamente dedicata al divertimento nel più grande parco acquatico di tutta l’Asia, partendo alla prime luci del mattino e armati di coraggio per affrontare il traffico intenso ci siamo diretti verso Pura Ulun Danu Bratan, uno dei maggiori templi sull’acqua dedicati a Shiva e simbolo ufficiale della banconota da 50000 Rupie. Il tempio si trova nel cratere di un vulcano esattamente nella parte baricentrica dell’isola quindi considerando il traffico per uscire da Denpasar in totale ci vogliono 4 ore per raggiungerlo. In realtà il tempio in sé non è grande ma sono stupende la posizione, il paesaggio e il complesso templare esteso. Un’escursione bellissima che all’inizio si è trasformata in una tragedia dovuta ad un incidente in strada che ha visto coinvolte le nostre moto e noi… Io e Matthew avevamo deciso di fermarci lungo la strada per fotografare un interessante tempio e decelerando e segnalando c’eravamo spostati sulla sinistra ma senza vederci la nostra amica Linda è entrata a tutta velocità nello spazio che ci divideva dal bordo della strada facendoci perdere il controllo della modo e cadere in malo modo. Matthew e Linda erano completamente ricoperti di sangue, lei aveva “grattato” l’asfalto con la schiena e poi con la spalla mentre Matthew fortunatamente con pantaloni lunghi ha scampato il dolore alle ginocchia ma in compenso si è scorticato braccio, mani e spalla. Io, non so per quale miracolo, sono rimasto quasi incolume da quell’incidente, solo un dolore intercostale che ancora mi porto e che ahimé faticherà ad andarsene. Dopo due ore passate all’ospedale e l’aiuto della amorevole gente del posto che ci ha dato acqua ossigenata e garze abbiamo deciso di continuare la nostra avventura verso il tempio e anche se doloranti abbiamo viaggiato l’ora che ci rimaneva da percorrere nella meravigliosa campagna balinese. Poteva essere molto più grave l’incidente e, pensando positivamente, siamo veramente contenti per come sono andate le cose. Abbiamo terminato la splendida escursione in moto raggiungendo nuovamente il mare ma questa volta abbiamo scoperto un tempio costruito interamente di lava vulcanica sulla spiaggia con lo sfondo di un cielo prossimo al tramonto. Abbiamo passeggiato lungo il litorale dalla sabbia color pece e dai riflessi brillanti per via dei materiali. Ho raccolto diverse conchiglie che si andranno a sommare alla già grande collezione di reperti tropicali che custodisco nella mia libreria qui a Shenzhen.
Dovrò assolutamente tornare a Bali, tre giorni non sono affatto sufficienti e la prossima volta non mancherà un’immersione in mare, qualche giorno in spiaggia e tante altre attività che solo questa meravigliosa isola tropicale può offrire.
Quante emozioni, sapori, musiche, momenti di pura adrenalina mi ha saputo dare in così poco tempo questa isola; un articolo non basta, nemmeno bastano le parole.
A presto!
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