Angkor Wat, Cambogia 9-10-11-12/II/2013

吴哥窟,柬埔寨 2013年2月9-10-11-12

Il legno per i mortali, la pietra per le divinità

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ក្រុងសៀមរាប ,Siem Reap è uno dei luoghi che mi ero ripromesso di visitare sin dall’infanzia, quando facevo correre e tuffare nei laghi in mezzo alla giungla Lara Croft o vedevo sul grande schermo le avventure di Indiana Jones nel tempio maledetto.

Il passato sembra costituire una patina che ricopre tutto e che rende magici i riflessi: l’uomo che si impossessa della natura e la natura che lentamente si riprende ciò che le era stato confiscato creando con radici, fessure, crepe e voragini.

Anche il recente passato, quello degli Khmer Rossi sembra essere stato dimenticato, o almeno in superficie e mi sembra doveroso dedicargli un piccolo excursus storico.

Nel non lontano 1951 venne fondato il Partito Comunista di Kampuchea che governò in Cambogia per 4 anni fino al 1979. Non molti ne sono al corrente ma quello che successe in quei pochi anni viene classificato come il regime dittatoriale con la più alta percentuale di vite perse rapportate all’intera popolazione (1/3 dei cambogiani venne ucciso). Era un regime decisamente più estremo di quello della vicina Cina: Venne proibita la circolazione di qualsiasi oggetto occidentale (pena la morte), abolizione delle banche e della moneta nazionale, vennero dichiarate illegali tutte le religioni e vennero spopolate le città (a causa dei bombardamenti americani). Si venne a creare un programma politico diviso in tre rami principali: il primo era Nazionalista con Pol Pot, poi seguivano il ramo filo-cinese maoista ed infine il filo-vietnamita. Si altalenarono le prime due correnti politiche in uno stato che alla fine con il conseguente inasprimento dei rapporti con il confinante Vietnam venne invaso da questo e annientato.

Il background culturale è denso fa molto riflettere ma nessuna persona può lasciare la Cambogia senza provare estrema ammirazione per l’eleganza della popolazione Khmer.

Siem Reap oltre ad essere la meta t centro religioso uristica più visitata della Cambogia, malgrado il nome (che letteralmente significa “Siamesi sconfitti”), è una cittadina tranquilla che conserva il vasto passato glorioso Khmer e allo stesso tempo edifici dalle linee francesi eretti durante la colonizzazione. Poco fuori dal centro abitato si erge il più grande centro religioso del mondo da molti ritenuto una delle 7 meraviglie del mondo moderno. Quando Londra aveva 50.000 abitanti, Angkor Wat vantava 1 milione di anime e ogni sovrano, come nell’antica Roma, costruiva un nuovo complesso templare che superasse in magnificenza il precendente. Il legno per i mortali, la pietra per le divinità: è così che mattone su mattone (prevalentemente laterite ed arenaria) ogni tempio non era altro che la riproduzione dell’universo, dell’Olimpo Induista ovvero del monte Meru.

Elementi che hanno particolarmente attirato la mia attenzione sono stati i complessi scultorei dei Nāga la cui tradizione proviene direttamente dall’India ma che i Khmer interpretano a loro modo. Si trovano sempre in prossimità di un ponte, rappresentando il cammino che porta alla dimora degli dei. Secondo la leggenda i Naga erano rettili marini che possedevano gli oceani, la loro principessa sposò il primo re cambogiano dando origine al popolo. I Khmer si sentono eredi dei Naga e per questo vengono rappresentati come lunghissimi serpenti dalle 7 teste, ovvero le 7 razze originarie. Ho trovato interessante immergermi in una nuova mitologia, così nuova ai miei occhi e fotografarne ogni minimo particolare.

È indescrivibile la sensazione di perdere ogni bussola, ogni idea spazio-temporale, addentrandosi per le gallerie di Angkor Wat, nei portici colonnati, nei patii interni; sembra che ogni bassorilievo scolpito sulle pareti, ogni Apsara (Vergine del Paradiso), ogni Garuda (l’uomo-uccello messaggero di Vishnu) ogni Shiva danzante emetta un sussurro, un brusio storico che è impossibile da governare. Le finestre decorate con colonne a rocchi, così plastiche e perfette facevano entrare una luce intensa e concentrata nelle ampie gallerie che portavano gradualmente al sancta sanctorum, al grande stupa di pietra circondato dalle 4 torri cardinali.

Sono rimasto sorpreso quando ho scoperto che ogni tempio che si visitava si discostava di gran lunga dal precedente , rendendo il tutto un insieme eterogeno di emozioni.

L’ingresso ai templi se paragonato allo standard di vita risulta stellare: 40USD per 3 giorni di entrate, l’equivalente di 160000 Riel locali.

Angkor Wat  oltre ad occupare la parte centrale della bandiera nazionale rappresenta l’apice della cultura Khmer, la massima opera architettonica del tempo ed è magico attraversare il ponte sul fossato d’acqua di 190 m di diametro, penetrare gli immensi propilei e giungere fino alle biblioteche e al doppio lago di ninfee (dove ho osservato una albe più emozionanti della mia vita) per poi raggiungere il cuore della costruzione.

Angkor Thom rappresenta una vastissima area archeologica che include l’immenso Bayon con i 216 giganteschi volti in pietra di Bodhisattva Avalokiteshvara, la Terrazza degli Elefanti (che un tempo veniva utilizzata come tribuna per le udienze ufficiali), Il Baphuon con i lucenti specchi d’acqua e le gallerie con uno stile che ricorda il Gotico e la terrazza del Re Lebbroso (luogo di cremazione dei morti).

Ta Phrom dove la poeticità della natura maligna si eleva a sistema insinuandosi in ogni fessura e distruggendo ogni creazione dell’uomo. Un sito archeologico romantico (accezione letteraria del termine) dove le radici si confondono con le Shiva danzanti e le foglie colorano il colore intenso della pietra.

Preah Khan ovvero Sacra spada, labirinto di corridoi, licheni di un verde innaturale, fusione di stili e di religioni, Induismo e Buddhismo.

Banthey Srei e la caratteristica pietra rossiccia con cui è interamente costruito e il poco distante sito di Kbal Spean che è composto da sculture disseminate nel letto di un fiume sacro immerso nella giungla intensa, tra libellule, fiori odorosi e almeno 20 specie di farfalle dai colori sgargianti. All’ingresso del percorso è possibile visitare con una donazione di almeno 5000 Riel (che non si chiama biglietto solo per non pagare la relativa tassazione) una riserva naturale che mi ha regalato ravvicinati scatti fotografici di uccelli rapaci e tartarughe e mi ha insegnato che l’animale nazionale cambogiano ovvero l’Ibis Gigante ormai è pressoché estinto.

Pre Rup dove assistemmo ad un tramonto nella giungla spettacolare tanto da sembrare ritoccato con photoshop.

I templi della zona di Roluos: Preah Ko, fatiscente e misterioso con ancora i segni di un devastante incendio

Bakong, che si erge in fondo ad una strada dall’intensa colorazione rossa fiancheggiata da uno specchio d’acqua, un tempio buddhista relativamente moderno e una natura lussureggiante. All’ombra del grande albero di Tamarindo c’era un gruppo di musicisti vittime delle mine antiuomo che suonava sprovvisti di mani-piedi-gambe-dita strumenti locali e in uno dei portali dell’entrata Nord ho fotografato da molto vicino forse il ragno più bello e velenoso incontrato finora.

Lolei, sito archeologico poco visitato ma che personalmente mi ha fornito un’esperienza indimenticabile. Ci siamo improvvisati, io ed Erick, maestri d’inglese per dei bambini di una scuola gestita dai monaci del tempio. È una delle esperienze che ricorderò per tutta la vita e con questa il sorriso dei bambini ansiosi di apprendere e di viaggiare anche loro per il mondo attraverso le nostre parole. Basicamente abbiamo insenato a chiedere “come si dice …. in …”  dove ai primi puntini potevano sostituire qualsiasi parola e ai secondi la lingua desiderata. (ovviamente abbiamo insegnato “Ciao” e “Adios”).

Tra le tante cose:

Ho conosciuto un’immensa cultura,

Ho fotografato i sorrisi della gente,

Ho assaporato il mango succoso venduto dalle donne all’interno del tempio

Ho provato le prelibatezze culinarie Khmer: il tradizionale “Amok”(impasto delizioso di carne di pollo/manzo/maiale con curry erbe e fagioli bianchi, servito in una noce di cocco), gli involtini al vapore ripieni di verdure e salsa agrodolce. Malgrado il sorriso cordiale dei camerieri il servizio risulta epicamente lento in qualsiasi ristorante…ma non è stato un vero problema instaurare conversazioni culturali e costruttive col mio compagno di viaggi mentre lo stomaco tremava dalla fame.

Ho disegnato nel mio quaderno di viaggio (comprato a Xi An un anno fa) i “Naga” ed i numerosi leoni che troneggiano nei luoghi sacri,

Ho comprato delle cartoline a dei bambini con un sorriso troppo maturo per la loro età,

Ho percorso chilometri a bordo di un Tuk-Tuk con un’amichevole locale di nome “Vanny

Ho imparato a scrivere il mio nome in caratteri khmer e a riconoscere il relativo sistema di scrittura

Ho provato la sensazione di essere Indiana Jones ed esplorare alla ricerca di chiavi, munizioni e bengala come Lara Croft

Ho provato il “fish massage” ovvero un massaggio con i piedi immersi in una vasca e centinaia di pesciolini (non proprio minuscoli..) che levigavano la pelle nutrendosi dei tessuti superflui

Ho provato il Caffè Cambogiano dall’odore simile al caco e il sapore dolciastro

Ho avuto in regalo all’aeroporto una sim card con relativo numero cambogiano e 5 dollari di credito per effettuare chiamate nazionali e non.

Ho ascoltato la musica degli scacciapensieri ricavati dal bambù che venivano venduti vicino ai ristoranti per turisti all’uscita della zona sacra

Ho assistito ad una danza Apsara nel Temple Bar, uno dei locali più in della vita nottura di Siem Reap

Ho visto sorgere e tramontare il sole con colori irreali su scenari che rimarranno nella mente come marchi di fuoco

Ho fotografato da vicino e senza gabbia dei Macachi che mangiavano delle pannocchie di mais poco fuori da Angkor Wat

Ho rivissuto la magia del Wat Arun di Bangkok e anticipato l’emozione di un viaggio a Bali

Ed ho potuto notare come sebbene molto più economica della Cina e del vicino Vietnam, Siem Reap non usa la moneta locale ma il Dollaro americano con il conseguente processo di impoverimento per poveri e crescita monetaria per i più abbienti; non viene usato solo dai turisti che in cambio ricevono come resto una miriade di Riel, ma anche dai normali cittadini Khmer che pagano tutto, dalla benzina al cibo in USD.

Mi piacerebbe raccontare altro, tutto di questa Cambogia che mi ha conquistato ma lascio ai miei scatti fotografici narrare tutto il resto

Galleria I

Galleria II

A breve il diario di viaggio ad Ho Chi Minh!


1 Risposta to “Tra Indiana Jones e Tomb Raider: Siem Reap, l’enigmatica Cambogia Khmer”


  1. 21 marzo 2020 alle 04:20

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