Shenzhen 25/I/2014

深圳2014125

“自欺欺人, zì qī qī rén, Mentire a se stessi e agli altri, e crederci, era un’arte praticata a un livello inimmaginabile”
tratto da “Cigni Selvatici, tre figlie della Cina” di Jung Chang

modified biennale

Dopo un bellissimo periodo romano fatto di cene, amici, famiglia e regali eccomi di nuovo a Shenzhen. Questa volta ho voluto sperimentare l’atterraggio non a Hong Kong via Beijing come sono solito con Air China, ma a Guangzhou, la capitale della provincia del Guangdong; ho volato con Egypt air e devo dire che mi sono trovato benissimo, cibo buono, orario perfetto, due valigie da 23kg l’una (stracariche di cibo italiano) incluse nel prezzo del biglietto e strategico break serale a Il Cairo. Le vacanze natalizie non sono state solo l’occasione per stare con la mia famiglia ma anche per far vedere la mia città ad Artemisa ed Erick, i messicani di Shenzhen, che sono venuti a trovarmi anche se in giorni differenti. Il capodanno è stato diverso e divertente in compagnia dei miei amici architetti in un casale in mezzo ad un noccioleto nella provincia di Viterbo.

Finalmente sono entrato in possesso del tanto ambito E-Channel, ovvero un’etichetta bianca incollata sul passaporto che mi permette di saltare la fila kilometrica che si forma nella dogana per entrare a Hong Kong (sfortunatamente mi risolve solo una delle due dogane presenti, ma non mi lamento affatto).

L’inquinamento purtroppo qui non si arresta affatto e dalle notizie che circolano sul web e sulle emittenti europee, pare che anche l’America ne risenta pesantemente. All’inizio non pensavo affatto alla possibilità di indossare una mascherina per proteggere i polmoni dalle micro particelle inquinanti presenti a piene dosi nell’aria, ma dopo averla provata per due settimane ed aver scoperto sorpreso che tutta la tosse, il raffreddore perenne, il mal di testa e il dolore al petto erano spariti non posso più farne a meno, almeno fin quando il livello di AQI non si abbasserà al di sotto dei 70. Addirittura a Beijing data l’assenza giornaliera del Tramonto, nascosto da una pesante cappa grigia, hanno allestito vari mega schermi all’aperto proiettando un gigantesco sole fiammeggiante africano che si eclissa dietro montagne all’orizzonte.. questo dovrebbe far molto riflettere sull’attuale situazione e su quella futura del pianeta…

È passato molto velocemente questo gennaio, ma è stato molto intenso e pieno di lavoro. Non solo i progetti che abbiamo dovuto sbrigare con rapidità ma sono stato occupato nella stesura del nuovo organigramma e sulla revisione delle nuove regole dell’impresa, prendo questo periodo come un training positivo per poi essere pronto a gestire il mio futuro studio personale. Il fatto di essere stato promosso a partner ed avermi catapultato dalla categoria dei dipendenti a quella dei Boss mi ha portato tante soddisfazioni ma anche alcuni problemi, soprattutto con i miei colleghi. Ci sono tante cose che ancora non sono capace di comprendere e lo scontro culturale, soprattutto in luoghi lavorativi si fa sempre più vivace. Data la situazione critica che mi porto da più di 10 mesi con uno dei ragazzi dello studio ho deciso di agire in maniera forte e così ho scritto la mia prima Warning letter, spero che in questo modo estremo possa mettere pace ai dissidi. Io ce la metterò tutta per gestire al meglio con l’aiuto dei miei due colleghi lo studio di architettura UNIT, ho tanto da imparare da loro e giornalmente fornisco loro il mio contributo europeo. L’ultimo progetto che abbiamo consegnato al cliente è quello di una villa sul mare situata nella penisola del Dapeng 大鹏, a una ora e mezzo di macchina da Shenzhen, la cittadina marittima si chiama 较场尾 jiaochang Wei e ed è un denso agglomerato residenziale (per lo più di natura spontanea) che d’estate si riempie di turisti; l’aspetto interessante di questa area è che ogni abitazione cerca di essere speciale e di apparire unica, quindi camminare per quelle vie strette e come vedere sfilare una sarabanda di luci, colori, stili architettonici bizzarri, caffè bohémien e ristoranti tipici. La casa che dobbiamo ristrutturare è una grande villa a dieci metri dal mare, con un ampio giardino rialzato di 1,50 m dalla quota della spiaggia, una location oserei dire paradisiaca.

Per tutto il periodo di gennaio e febbraio Shenzhen ospita la famosa biennale di architettura , l’esposizione è divisa in due diverse località, entrambe nei presse della zona portuale di Shekou 蛇口, la prima in prossimità del molo per l’attracco delle barche di comunicazione con Hong Kong e Macau, di fronte alla dogana e l’altra, più distaccata (c’è una navetta gratuita che collega le due) si trova in una fabbrica di vetro abbandonata. Molto interessanti entrambe ma dell’ultima, tralasciando i contenuti, va esaltato l’intervento non invasivo di restauro e rifunzionalizzazione; all’interno della grande fabbrica c’è un luogo surreale che tanto ricorda un tempio egizio, ipogeo, allagato e popolato da grandi colonne (era l’antica camera di raffreddamento del materiale vitreo). A breve farò l’upload delle foto dell’esposizione così si potrà capire facilmente quello che ho descritto brevemente solo a parole.

Il tempo passa e nello skyline di Shenzhen è possibile distinguere già da quasi tutti i quartieri centrali la torre della Ping An Bank 平安国际金融中心, che per la bella cifra di 678 milioni di dollari rappresenterà uno dei punti chiave del miracolo economico cinese, diventando con i suoi futuri 660 metri, il grattacielo più alto di tutta la Cina. È lo studio americano Kohn Pedersen Fox Associates che firma questo enorme super-grattacielo, ma personalmente non ne condivido pienamente né la valenza estetica(anche se sono felicissimo che abbiano cambiato il concept iniziale della facciata completamente dorata), né tanto meno quella funzionale (ogni piano sembra essere relativamente piccolo per cotanta altezza..). Che piaccia o no questo sarà un balzo avanti per l’economia in corsa di questa grande metropoli che pare voglia addirittura diventare provincia a sé, proprio come Shanghai o Beijing.

Durante l’ultima lezione di conversazione cinese ho scoperto dell’esistenza della Macchia Mongolica che in ambiente dermatologico viene definita come melanocitosi dermica congenita in regione lombo sacrale. È una strana macchia di color indaco, voglia che si presenta sulla zona dei glutei di alcuni neonati, congenita, benigna e che può anche superare i 10 centimetri di diametro. Normalmente scompare trascorso il quinto anno di vita del bambino, prima della pubertà. Questa strana macchia è molto comune nella zona della attuale Mongolia ma è diffusa anche in altre parti del mondo, pare proprio che sia un retaggio dell’antico Genghis Khan, della sua gente che invase la Cina, poi si fuse con la gente del medio oriente, poi la Turchia, l’Europa, l’America e l’America Latina. Anche i Giapponesi ovviamente conoscono questa macchia e la definiscono molto figurativamente shiri ga aoi (尻が青い) che vuol dire letteralmente Avere il sedere blu, i messicani la chiamano Rabo verde” (coda verde) e viene ricondotto alla patada (calcio) de Cuauhtémoc,  che era il governatore azteco dell’antica Tenochtitlan nel 1500.

Facendo zapping di sito in sito ho scoperto un’arte millenaria, raffinata e molto significativa: si chiama Kintsugi (金継ぎ) ed è l’arte giapponese della riparazione di un oggetto ceramico. Sembra che sia stata inventata dallo shogun Ashikaga Yoshimasa che danneggiò nel quindicesimo secolo una preziosa ciotola di porcellana cinese. Sostanzialmente per riparare l’oggetto non era necessario nascondere la frattura ma addirittura esaltarla facendovi colare dell’oro o dell’argento fuso, che adattandosi alla frattura creava delle geometrie uniche ed irripetibili. Non solo è un atteggiamento artistico di grande rilevanza ma riflette anche uno dei due principi del restauro dei monumenti architettonici; quando non è possibile recuperare le parti mancanti non è necessario creare un falso ricostruito ma è meglio lasciare evidente la mancanza adoperando un altro materiale.

Sono ufficialmente in vacanza da oggi fino al 6 di febbraio in occasione della festa del Capodanno cinese 春节, tanto amata qui nella Terra di Mezzo, tutti cercano di accaparrarsi gli ultimi biglietti di aereo rimasti, per tornare nelle proprie città d’origine e per chi non riesce nell’impresa, o perché semplicemente è la scelta più economica, cerca di viaggiare su rotaie arrivando a trascorrere (come nel caso della mia segretaria) ben 22 ore sullo stesso treno.

Anche quest’anno ho scelto di passare il capodanno cinese fuori, l’anno scorso ero intento a scoprire templi abbandonati cambogiani e perdermi nelle risaie vietnamite, per quest’anno ho optato, su consiglio della mia collega Stephanie, di rilassarmi nelle assolate Filippine, andrò esattamente a nord dell’isola di Palawan, nella città El Nido. Sono prontissimo per una nuova avventura in compagnia di Erick ed Adriana.

Ricordo che la prima volta che provai la carne di serpente fu con Giulia ed Erick in un ristorante sulle rive del Mekong in Vietnam, in quel periodo era appena iniziato l’anno del Serpente, e la seconda volta è stata proprio ieri in occasione della Festa di fine anno dello studio

sarà  forse una maniera un po’ macabra di salutare il vecchio anno e dare il benvenuto all’anno del Cavallo?

Un saluto e a presto!

春节快乐!Felice Capodanno cinese!

 


0 Risposte to “Arriva galoppando l’anno del cavallo: organigrammi, macchie azzurre, crepe dorate e grattacieli vertiginosi”



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