“Ma certe nostre sere hanno un colore che non sapresti dire

sospese fra l’azzurro e l’amaranto e vibrano d’un ritmo lento.

Ma noi, che le stiamo ad aspettare, noi le sappiamo prigioniere

come le onde del mare, come le stelle del mare.

Si muovono e c’incantano le ore di certe nostre sere

e sanno di partenza di tramonto e di sorvolare lento.

Ma noi che le sappiamo prigioniere non le sappiamo liberare

come le onde dal mare come le stelle dal mare.”

 

Gianmaria Testa – Come le onde del mare

 

Spesso smorfie, mute libera ed imprigiona come le onde dal mare, come le onde del mare, in un viaggio coclide, in un continuo ritorno di risacca. Libera ed imprigiona le sere, le notti, le aurore, i tramonti – dell’amore, della solitudine. Libera ed imprigiona emozioni, quelle sognate nella vita reale, quelle vissute nell’intangibile sogno.

La parola si fa sangue e percorre rapida le vie che portano al cuore e che da esso s’allontanano, inerti. Sangue si fa l’amore, fondato – come ogni culto – su un sacrificio, scandagliato nella sua profondità, accettato come mistero. Come sangue al sangue, senza filtri, come a se stesso, parla l’autore.

Luca D’Amore libera ed imprigiona il lettore nella tela della sua poesia. E’ pittore che rapisce sguardi – abile mescitore di vividi colori. E’ ragno che cattura prede – abile tessitore d’invisibili trame. Travolge nei marosi dell’esistenza, dell’eterno ritorno. Nessuna esperienza è mai realmente conclusa, come nessun componimento di questa silloge. Tutto s’intreccia in orditi indissolubili ed inesplicabili.

Plasticamente, queste pagine sono costellate di chiasmi, ossimori e sinestesie, che arricchiscono il tema sempre presente del rovesciamento, dell’inversione. Sonoramente, risuonano di echi musicali e mitologici, di antico e moderno, in armonia e dissonanza. Visivamente, offrono agli occhi giochi di pieni e vuoti, come la vita all’anima – caratteristica peculiare di Luca D’Amore, che fa dei segni d’interpunzione insostituibili  maestranze per il suo cantiere.

Un’opera da assaporare lentamente, come un bicchiere di Porto, da centellinare. Un’opera in cui scoprire, ad ogni sorso, un nuovo sentore. Un’opera da suggere come api il nettare dai fiori. In cui giocare a nascondino con se stessi e trovarsi.

 

“A nascondino giocare con la mia ombra leggera

Contare fino a cento e ritrovarla sempre legata ai miei piedi

   [scalzi.”

 

Luca D’Amore – Appigli randagi

 

 

                                                           Daniela Moramarco


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